Quest’anno, il ritorno sui banchi di scuola è stato accompagnato da una crescente preoccupazione. L’AI è tra noi: l’app mobile di ChatGPT è presente su un numero sempre maggiore di telefoni, e gli studenti più astuti hanno scoperto una nuova arma per affrontare le sfide del loro corso di studi: un modo più veloce, più efficace e anche più divertente per studiare, completare le tesine, riassumere le lezioni.
Giusto qualche giorno fa, ho partecipato a una riunione con un gruppo di docenti universitari. Quando la discussione è arrivata al tema dell’Intelligenza Artificiale, l’atmosfera si è improvvisamente fatta tesa. I membri del gruppo hanno espresso serie preoccupazioni riguardo all’uso crescente dell’AI tra gli studenti. A tal punto che alcuni colleghi hanno iniziato a discutere su come limitare, o addirittura vietare, l’uso di queste tecnologie e su come “smascherare” gli studenti che le utilizzano. Ma è davvero questa la strada da percorrere? O stiamo cercando di fermare un treno in corsa con una pietra?
Lasciamoli fare!
E’ evidente come, anche nell’ambito dell’educazione, ci troviamo in una fase cruciale riguardo all’Intelligenza Artificiale. Oh no, qualcuno potrebbe plagiare un saggio! E allora? Sai cosa penso? Lasciamoli fare e poi mettiamoli alla prova con ulteriori sfide che li rendano più intelligenti e capaci di pensare criticamente e di usare questi strumenti e non farsi usare da loro. Sarà che per natura sono portato a vedere le innovazioni come positive, ma davvero non capisco quale sia il problema.
Abbiamo già sentito queste stesse preoccupazioni in passato. Ricordate quando la gente era allarmata all’idea che l’uso delle calcolatrici avrebbe impedito di fare matematica? Nell’anno in cui sono nato, 1975, tre quarti dei genitori non volevano che i loro figli imparassero ad usarle. Poi c’è stata la battaglia contro i computer. Poi i cellulari. E via così.
Ora davvero la maggiore preoccupazione della scuola e dell’Università è che l’AI potrebbe scrivere un saggio al posto di nostro figlio? Va bene, va bene. Se tuo figlio riesce a scrivere un prompt così ben fatto da produrre, con l’AI, il miglior saggio possibile su Napoleone o un’analisi puntuale del perché Hitler, e tutti gli altri prima e dopo di lui, ha sbagliato ad invadere la Russia, va bene!
Gli studenti, così come gli insegnanti, dovrebbero sfruttare tutti gli strumenti a loro disposizione. Così come oggi sarebbe anacronistico scrivere una tesi con penna e calamaio, è altrettanto controproducente pensare di preparare una generazione di studenti al mondo del lavoro vietando loro di “giocare” con queste tecnologie.
Incoraggiamoli!
Detesto passare per esterofilo, PERO’, poi vedi quello che già oggi fanno nelle Università americane e un pò ti girano le scatole. L’Harvard Business School ad esempio non solo permette, ma addirittura incoraggia i suoi studenti ad essere pionieri in questo nuovo mondo tecnologico. I ragazzi sono stimolati ad utilizzare l’AI per preparare le lezioni, per generare idee innovative e per approfondire la comprensione delle materie consolidate, come economia e finanza, ma anche di quei settori emergenti dove manca ancora una serie letteratura a supporto. WOW!
Ma non è tutto. Ad approfittare di questo enorme potenziale sono anche i docenti della HBS che di fatto stanno sistematicamente aggiornando le proprie conoscenze dalla progettazione di prompt all’uso di “personas” per generare diversi punti di vista e supportare il proprio percorso di insegnamento.
Poi siccome agli americani piace strafare questi hanno pure fatto una sandbox proprietaria…
Forse è questa la strada giusta?
Il mito di Theuth e il futuro che già c’è
Se non vuoi ascoltare me, rileggiti Platone. Il mito di Theuth, presente nel “Fedro”, esplora proprio il dilemma tra conoscenza e sapienza attraverso un dialogo tra la divinità egizia Theuth e il re Thamus.
Theuth presenta la scrittura come un “farmaco della memoria e della sapienza“, ma Thamus non è proprio dell’idea. Secondo il re, la scrittura potrebbe indebolire la memoria e offrire solo un’illusione di conoscenza, piuttosto che vera sapienza. Questo mito pone domande fondamentali sull’uso degli strumenti intellettuali, un dibattito che mi pare super moderno oggi nell’era dell’Intelligenza Artificiale.
Molti temono che l’AI finirà per rubare le nostre abilità cognitive (se non addirittura portarci all’estinzione, ma questo è tema per un’altra newsletter). L’AI può essere un’estensione della nostra intelligenza, un modo per superare le nostre limitazioni, proprio come la scrittura ha fatto per la memoria umana.
Come fare? Io non lo so! Ma posso condividere quello che faccio ogni giorno.
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Sporcati le mani! l’AI oggi è come l’iPhone del 2007, rozzo, imperfetto e sembra non saper fare niente davvero bene. Ma bisogna perseverare, testare, cercare soluzioni. La curva di apprendimento non è banale, ma perdere tempo oggi è fondamentale per capire cosa l’AI può fare per te nel lavoro e nella vita.
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Condividi i tuoi progressi! piccolo o grandi che siano gli esperimenti che facciamo con questi strumenti vanno condivisi con il nostro team di lavoro, con i nostri amici e .. con tutti. I prossimi anni saranno un viaggio fantastico alla scoperta di un nuovo modo di fare le cose; un viaggio in compagnia vale di più.
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Lasciati ispirare! per anni la frase magica è stata “data driven” e in realtà questo farci guidare dai dati non è che abbia portato molto lontano. Piuttosto, impariamo a farci ispirare dai dati; prendiamo il controllo di queste tecnologie e usiamole per trovare nuove idee, sfidare i nostri pregiudizi e cercare soluzioni nuove a vecchi problemi.
Insomma, fateli giocare ‘sti ragazzi!
Sempre avanti, condannati all’ottimismo!
Giuseppe