SONG OF THE WEEK: Una buona idea di Niccolò Fabi
Hai presente quando qualcuno dice che una certa tecnologia “cambierà tutto“? Lo abbiamo sentito per il cloud, per i social media, per i big data… e ora per l’intelligenza artificiale. La differenza? Questa volta potrebbe essere vero.
Nell’ultimo anno, ho avuto modo di confrontarmi con diverse organizzazioni che stanno implementando soluzioni di AI per i propri processi interni o per rendere più ricchi e di valore i propri prodotti/servizi, ma quello di cui sempre più mi rendo conto è che possiamo essere entusiasti quanto vogliamo dell’AI, ma se non porta valore concreto, resterà solo un costoso giocattolo tecnologico.
E per capire se porta valore concreto, beh, bisognerà pur misurarlo!
Altro che intranet
Per certi versi l’intelligenza artificiale sta seguendo lo stesso percorso dell’elettricità: inizialmente era una novità tecnologica di cui tutti parlavano, poi è diventata un’utility fondamentale, e infine è scomparsa dalla vista per diventare parte dell’infrastruttura. L’AI seguirà lo stesso percorso – presto sarà “AI inside” in ogni sistema che utilizziamo, invisibile ma onnipresente.
In questo senso una delle storie più interessanti che ho raccolto in quest’ultimo periodo riguarda una grande società di consulenza che ha sviluppato una piattaforma AI interna che oggi è utilizzata da oltre 300.000 dipendenti in tutto il mondo con elevatissimi tassi di engagement. Come hanno fatto?
Il segreto del successo di questo progetto secondo me sta in buona parte nella rimozione della paura: il team interno della società ha lavorato con i reparti di sicurezza, legal e compliance per definire chiaramente i confini operativi, creando poi un ambiente “a prova di errore” dove i dipendenti potevano inserire qualsiasi tipo di dato senza timore di commettere violazioni.
Non si tratta semplicemente di un’interfaccia per LLM, ma di un ecosistema completo con all’interno un marketplace di skill (ora chiamati “agenti”) e strumenti avanzati di prompt engineering. Questo nuovo tool ha scatenato un’ondata di innovazione distribuita all’interno dell’azienda, con centinaia di applicazioni specializzate sviluppate internamente.
L’impatto è stato straordinario non solo su aree di innovazione, ma anche per processi più “semplici” e però cruciali come la creazione di proposte commerciali: attività che richiedevano mesi e multiple risorse ora si completano in giorni, con un ROI stimato astronomico considerando i miglioramenti di produttività del 10-20% su una forza lavoro così vasta.
La formazione è stata pragmatica, iniziando con un semplice invito alla sperimentazione e proseguendo con percorsi più strutturati, completati dall’80% dei dipendenti. Ma quello che mi ha colpito più di questo progetto è l’equilibrio perfetto tra ambizione e pragmatismo: non discussioni filosofiche sull’AGI, ma obiettivi chiari, coinvolgimento degli stakeholder e costruzione di soluzioni immediatamente utili.
Una dimostrazione che con l’approccio giusto, la resistenza all’adozione può essere superata; personalmente mi son fatto l’idea che un tasso di adozione del 50-60% su progetti simili può essere considerato un successo significativo.
Il risultato in questo caso? Un’adozione praticamente totale, con il 99% del personale che utilizza attivamente la piattaforma su base settimanale.
Altri miti da sfatare?
Una delle preoccupazioni più diffuse riguarda l’impatto dell’AI sull’occupazione; i dati disponibili però, insieme alle previsioni di organizzazioni come il World Economic Forum e Gartner, mostrano un quadro per certi versi rassicurante per cui l’AI è destinata a essere un creatore netto di posti di lavoro.
La vera questione quindi non è se l’AI eliminerà dei lavori (in una prima fase lo farà, come ogni tecnologia trasformativa prima di essa), ma se saremo in grado di gestire la transizione e creare nuove opportunità a un ritmo più veloce di quanto ne vengano eliminate altre. E’ qui che dovremo misurare la nostra capacità di creare valore, anche dando supporto a quei profili che, per anzianità o limiti strutturali, non faranno comunque parte di questa evoluzione.
Un altro dei miti da sfatare è che per implementare l’AI in un’organizzazione serva un esercito di esperti tech. I dati che ho raccolto raccontano una storia un pò diversa:
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una società farmaceutica con 5.000 dipendenti ha un team AI di sole 2 persone e sta già gestendo progetti per milioni di euro;
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una startup innovativa con 30 dipendenti ha ottenuto un aumento di produttività del 25% senza avere nemmeno un responsabile AI dedicato, ma usando gli LLM con regole di governance chiare ed in modo strategico;
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la stessa società di consulenza citata prima ha impiegato solo 10 persone per creare la piattaforma che oggi è usata da 300.000 utenti.
Quindi? Quindi il punto non è la dimensione del team, ma l’approccio. Un piccolo gruppo di persone con le giuste competenze, una visione chiara e il supporto del leadership team può ottenere risultati straordinari.
Ciò che sembra fare davvero la differenza è avere un leader dedicato all’AI a livello C-suite – qualcuno che possa guidare la trasformazione e allineare tutte le componenti dell’organizzazione.
Vuoi essere tu?
Preparare la forza lavoro per l’era dell’AI
Su questi temi la vera rivoluzione arriverà (sta arrivando) con gli agenti AI – sistemi capaci di eseguire workflow completi in modo autonomo, integrando diverse capacità e modelli. È qui che vedremo i ritorni sull’investimento più significativi.
Immagina un sistema che non si limiti a generare una proposta commerciale, ma che la crei, la analizzi, la migliori, la personalizzi per il cliente specifico e la presenti, il tutto riducendo un processo che normalmente richiederebbe settimane a pochi minuti. Questa è la nuova normalità verso cui stiamo andando.
Il vero valore arriverà dall’applicazione pragmatica dell’AI alle sfide concrete che affrontiamo oggi, non dalle visioni futuristiche che potrebbero realizzarsi fra secoli (no francamente non credo che avremo l’AGI nei prossimi 20 anni…).
Ma come possiamo preparare noi stessi e le nostre organizzazioni per questo nuovo mondo?
La risposta più semplice è anche la più efficace: sperimentare. L’AI generativa, anche quella basata sul reasoning e sugli agenti, ha una barriera d’ingresso incredibilmente bassa – chiunque sappia scrivere una frase può interagire con questi sistemi. Non c’è bisogno di conoscere programmazione o matematica avanzata per iniziare.
Nel corso di Laurea che tengo allo IULM chiedo regolarmente ai miei studenti di completare alcuni compiti senza l’ausilio dell’AI, proprio per assicurarmi che stiano sviluppando capacità di pensiero critico e analisi che li serviranno per tutta la vita. Al tempo stesso le domande dell’esame hanno a che fare con una visione critica dei prompt o con l’analisi puntuale di un output generato dall’AI.
Anche per i nuovi assunti sarà fondamentale trovare un equilibrio (ne ho parlato qualche settimana fa qui); da un lato, l’AI può accelerare enormemente il loro inserimento e la loro produttività, ma dall’altro, non dovrebbe diventare una “stampella” che impedisce loro di sviluppare capacità fondamentali.
Quando si tratta di assunzioni, le qualità che cerco oggi sono cambiate drasticamente negli ultimi anni. Prima cercavo principalmente competenze tecniche. Ora privilegio curiosità, etica e entusiasmo – le qualità più umane che ci siano. La tecnologia può essere insegnata, ma la curiosità intellettuale è innata.
La formula del ROI dell’AI
Dopo tutte queste considerazioni, arriviamo alla domanda cruciale: si può calcolare il ritorno sull’investimento dell’AI?
Basandomi sui dati raccolti da diverse implementazioni, credo che la formula più corretta per poter valutare il ritorno sull’investimento di progetti legati all’implementazione dell’AI possa essere la seguente:
Dove:
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Costo del personale: il costo totale annuale dei dipendenti che utilizzeranno l’AI
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Tasso di adozione LLM: percentuale di dipendenti che utilizzano attivamente l’AI (su base settimanale)
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Incremento produttività: incremento percentuale di produttività (tipicamente tra 10-20%)
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Costo complessivo LLM: costo della piattaforma AI, licenze, ecc.
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Costo di formazione della forza lavoro: investimenti in formazione, change management, ecc.
Questa formula, seppur semplificata, offre un punto di partenza per quantificare il valore che l’AI può portare alla tua organizzazione.
I progetti di AI ben eseguiti stanno generando ROI che variano dal 200% al 1000%, con periodi di recupero dell’investimento spesso inferiori a un anno; numeri che sono difficili da ignorare per qualsiasi decision maker o imprenditore. Quindi?
Non aspettare di avere la strategia perfetta o il team ideale. Parti con un progetto pilota, misura i risultati, impara dagli errori e itera rapidamente. E …
Sempre avanti, condannati all’ottimismo!
Giuseppe