SONG OF THE WEEK: Roxy Music – Avalon
L’anno scorso io e mia moglie avevamo ancora lo stesso account ChatGPT. Un pomeriggio, aprendo la cronologia per ritrovare una vecchia conversazione di lavoro, mi sono imbattuto in una chat che non era mia: “Idee regalo compleanno marito, 49 anni, appassionato di tecnologia e libri, budget xxxxx euro” (lo ometto, ma comunque sempre troppo basso).
Seguivano una ventina di scambi tra mia moglie e l’AI. ChatGPT aveva suggerito di tutto: da un Kindle Oasis a un corso di fotografia, fino a un weekend romantico. Lei aveva fatto domande di approfondimento, aveva chiesto alternative, aveva persino chiesto all’AI di “immaginare la sua reazione” a ogni proposta.
Alla fine ha fatto la scelta giusta,ma quella sera, mentre ripensavo a quello scambio, non riuscivo a togliermi dalla testa una domanda: mia moglie aveva appena chiesto consigli d’amore a una macchina invece che a sua fratello, alla sua migliore amica, o… be’, a me stesso?
Tutto apposto si?
La domanda che nessuno si sta facendo
Mentre tutto il mondo discute se l’AI ci ruberà il lavoro, quasi nessuno si chiede se ci stia già rubando qualcosa di più prezioso: la capacità di amare e di essere amati da esseri umani.
Non sto parlando del solito “i giovani stanno sempre al telefono” (che comunque è vero). Sto parlando di qualcosa di più sottile e pericoloso: stiamo delegando all’intelligenza artificiale parti sempre più intime della nostra vita emotiva, convincendoci che sia “più efficiente”, “meno giudicante”, “sempre disponibile”.
Ma cosa succede quando una macchina diventa il nostro confidente preferito? Quando un algoritmo conosce i nostri desideri meglio del nostro partner? Quando preferiamo chattare con Claude piuttosto che litigare con chi amiamo?
Benvenuti nell’era dell’intimità artificiale. E no questa non è bella. Ma in che modo questa intimità si esprime? Mi pare di vederne almeno 3
Modo #1: Le dating app e l’illusione del partner perfetto
Iniziamo dal principio: come ci si incontra oggi? Semplice, si apre un’app e si “sfoglia” un catalogo umano. Swipe a destra se ti piace, swipe a sinistra se non ti piace. Come ordinare una pizza, ma con sentimenti.
Il problema non è la tecnologia in sé. Il problema è che le dating app sono progettate come slot machine: ti danno piccole scariche di dopamina (un match! un messaggio!) per tenerti incollato il più a lungo possibile. L’obiettivo dell’app non è farti trovare l’amore, è farti restare sull’app.
Risultato? Una generazione che conosce l’eccitazione del match ma fatica a provare desiderio autentico. Perché il desiderio, quello vero, nasce dalla mancanza, dall’immaginazione, dall’attesa. Se hai migliaia di opzioni a portata di swipe, dove sta la mancanza?
Conosco persone che dedicano più tempo a “decifrare l’algoritmo di Tinder” di quanto ne impieghino ad approfondire la conoscenza dei partner reali. Ottimizziamo le foto del profilo come fossero campagne marketing, scriviamo bio studiate a tavolino, analizziamo i tempi di risposta come fossimo trader di Wall Street.
Stiamo trasformando l’amore in un progetto di business intelligence.
E quando finalmente si esce con qualcuno? Beh, c’è sempre la consapevolezza che “se non funziona, posso sempre tornare al catalogo”. Questo pensiero, anche solo inconsciamente, indebolisce la nostra capacità di impegnarci davvero. Perché lottare per una relazione quando il prossimo match potrebbe essere “quello giusto”?
Modo #2: I chatbot come sostituti emotivi
Ma il vero game changer sono i chatbot sempre più sofisticati. Sto parlando di AI che non si limitano a suggerire regali di compleanno. Parlo di companion AI, chatbot terapeutici, assistenti virtuali che ti “ascoltano” quando sei triste.
Qualche mese fa ho scoperto che esiste un’intera industria di “fidanzati artificiali”: app dove puoi creare il partner ideale (aspetto, personalità, interessi) e chattare con lui H24. Niente litigi, niente compromessi, niente giorni no. Sempre disponibile, sempre comprensivo, sempre perfetto.
Sembra innocuo? Non lo è per niente.
Questi chatbot ci stanno insegnando ad aspettarci dalle relazioni umane ciò che solo una macchina può dare: perfezione costante, disponibilità immediata, assenza di conflitti. Ma una relazione vera non è Netflix: non puoi mettere in pausa quando ti annoi o saltare le parti difficili.
Ho sentito di gente che fa terapia di coppia con ChatGPT invece che con un professionista. Di persone che chiedono consigli sentimentali a Claude invece che agli amici. Di ragazzi che si confidano con Character.AI invece che con i genitori.
Il problema non è che questi strumenti esistano. Il problema è che li stiamo preferendo agli esseri umani.
Perché? Semplice: sono più comodi. Un chatbot non ti giudica, non ha una brutta giornata, non ti chiede di ricambiare l’ascolto. È terapia fast food: appagamento immediato senza le calorie emotive del vero confronto umano.
Ma proprio come il fast food, alla lunga ci fa male.
Modo #3: La perdita dell’arte della conversazione difficile
Ed eccoci al punto più dolente: stiamo perdendo la capacità di avere conversazioni difficili.
Le coppie di oggi comunicano principalmente via WhatsApp. Sembrerà banale, ma pensateci: quante discussioni importanti avete affrontato ultimamente guardandovi negli occhi, invece che scambiandovi messaggi?
I messaggi di testo non trasmettono il tono emotivo. Non puoi vedere se il tuo partner sta scherzando o è davvero arrabbiato. Non puoi cogliere quel micro-secondo di vulnerabilità che ti farebbe capire che dietro la rabbia c’è paura.
Risultato: litighiamo per malintesi che dal vivo si sarebbero risolti in 30 secondi.
E quando la conversazione si fa troppo difficile? Facile: si sparisce. Ghosting, come lo chiamano. Semplicemente smetti di rispondere e speri che l’altro “capisca da solo”. È il trionfo della codardia digitale.
Ma il ghosting è solo il sintomo di un problema più profondo: abbiamo perso la capacità di dire “no” con grazia e di affrontare la delusione con dignità. Preferiamo lasciare l’altro nel dubbio piuttosto che avere una conversazione scomoda di 5 minuti.
Un cliente qualche giorno fa prima di una sessione di formazione mi ha preso da parte e mi ha raccontato proprio una sua storia personale in questo senso. “Una volta, per troncare una relazione, dovevi guardare l’altra persona negli occhi. Vedevi il suo dolore, sentivi la tua responsabilità. Oggi puoi sparire con un click, senza conseguenze emotive immediate.” E’ vero.
Stiamo diventando emotivamente analfabeti.
La scelta infinita
Ma perché sta succedendo tutto questo? Semplice: abbiamo troppa scelta e troppo poca pazienza.
Una volta, nel famoso “villaggio”, avevi due o tre opzioni di partner. Se andava bene con qualcuno, ti impegnavi. Oggi hai accesso a milioni di persone tramite le app. Paradossalmente, questo eccesso di possibilità ci rende più insoddisfatti, non più felici.
Ogni relazione viene vissuta con il dubbio: “E se là fuori ci fosse qualcuno di meglio?”. Ogni piccolo difetto del partner diventa motivo per riaprire l’app. Ogni momento di noia viene interpretato come segnale che “non è la persona giusta”.
Viviamo in quella che una famosa terapeuta americana chiama “ambiguità stabile”: né dentro né fuori dalle relazioni. Abbastanza coinvolti da non sentirci soli, ma non abbastanza da impegnarci davvero. Vogliamo la botte piena e la moglie ubriaca: qualcuno con cui stare quando ci conviene, ma la libertà di guardarsi intorno se capita qualcosa di meglio.
Il risultato? Una generazione di eterni fidanzati, relazioni che durano anni senza mai diventare “serie”, convivenze senza progetti comuni. Il limbo relazionale come condizione permanente.
Give Love A Chance!
Ok, ho dipinto un quadro piuttosto apocalittico. Ma non sono qui per deprimere (anche se ammetto che i dati sono deprimenti). Sono qui perché credo che l’amore umano abbia ancora qualche carta da giocare.
Credo ci siano almeno 5 strategie per difendere le nostre relazioni dall’AI (che in questo caso è si, un vero rischio):
1. Rivendica l’imperfetto
Smettila di cercare il partner perfetto. Non esiste. L’amore non è trovare qualcuno senza difetti, è trovare qualcuno i cui difetti non ti danno fastidio. Anzi, a volte sono proprio i difetti che rendono una persona interessante.
2. Pratica la presenza
Quando sei con il tuo partner, sii davvero lì. Telefono in un’altra stanza, sguardo negli occhi, ascolto attivo. L’intimità è incarnata: si vive con tutti i sensi, non solo con la vista fissa su uno schermo.
3. Abbraccia il conflitto
I litigi non sono il nemico dell’amore, sono parte dell’amore. Impara a litigare bene: senza insultare, senza generalizzare, senza tirare in ballo il passato. E soprattutto: impara a fare pace.
4. Riscopri la noia condivisa
Non ogni momento deve essere “produttivo” o stimolante. A volte l’intimità nasce proprio dal non far niente insieme. Guardare il soffitto, ascoltare la pioggia, annoiarsi fianco a fianco. È in questi momenti vuoti che spesso nascono le conversazioni più belle.
5. Coltiva la curiosità
Anche se stai con qualcuno da anni, c’è sempre qualcosa di nuovo da scoprire. Invece di dare per scontato di conoscere tutto del tuo partner, prova a fargli una domanda che non gli hai mai fatto. “Cosa ti ha reso felice oggi?” “Di cosa hai paura ultimamente?” “Cosa vorresti che fosse diverso tra noi?”
L’ultima frontiera
Mentre scrivo queste righe, penso a mia moglie che chiede consigli a ChatGPT per il mio regalo. In fondo, l’AI l’ha aiutata a scegliere qualcosa che mi ha fatto davvero piacere. Il problema non è usare la tecnologia, è farsi sostituire con la tecnologia.
L’amore umano ha una caratteristica che nessuna AI potrà mai replicare: l’imperfezione vulnerabile.
L’amore vero è fatto di corpi che si toccano, di sguardi che si incrociano, di silenzi condivisi. È fatto di rischio: il rischio di essere feriti, di essere rifiutati, di essere visti per quello che siamo davvero. È fatto di tempo: il tempo che ci vuole per conoscersi, per fidarsi, per costruire qualcosa insieme.
Tutto questo, l’AI non lo può fare. Non ancora, spero mai.
Pochi giorni fa ho fatto da testimone al matrimonio di un caro amico. Ho tenuto il classico discorso, noioso come sempre sono questi discorsi, pieno di aneddoti imbarazzanti e battute che fanno ridere solo me. Ma c’è stata una parte che per me è vera, e che voglio riproporre qui:
“Ho ancora un suggerimento per voi: godetevi la fatica. Perché c’è, sempre. Restate scomodi, non accontentatevi. Godetevi la fatica, la ricompensa è una vita felice accanto alla persona speciale che avete scelto.”
Sempre avanti, condannati all’ottimismo!
Giuseppe