Questa è stata la settimana del tanto atteso Report sulla Competitività dell’Unione Europea presentato da Mario Draghi. La relazione pubblicata lunedì 9 settembre presenta un’analisi impietosa della situazione economica in Europa, con alcune cifre particolarmente allarmanti. Ad esempio?
Il divario di crescita tra Stati Uniti ed Unione Europea, calcolato sui prezzi del 2015, è passato dal 15% nel 2002 al 30% nel 2023. La quota di settori in cui la Cina compete direttamente con l’UE è salita dal 25% nel 2002 al 40% oggi. E, ciliegina sulla torta, tra le 50 più importanti società tecnologiche mondiali solo quattro sono europee.
Come prevedibile, i titoloni dei giornali non si sono fatti attendere: “L’UE è al punto di non ritorno“, “Serve un doppio Piano Marshall” e via dicendo. Ma oltre il sensazionalismo, cosa possiamo realmente fare per recuperare competitività, o quantomeno smettere di perderla?
Dove e come investire per invertire questa tendenza?
Il focus
Leggendo attentamente i due report pubblicati sul sito dell’UE, emerge un aspetto particolarmente interessante e promettente: il focus sulla la formazione. In particolare mi ha colpito una frase citata nel rapporto: “One executive noted that for every $1 spent on technology, $5 should be spent on people.” Per ogni dollaro speso in tecnologia, 5 dovrebbero essere investiti sulle persone e sul loro sviluppo.
Troppo spesso ci lasciamo incantare dalle novità tech, dalla nuova piattaforma, la nuova app o device e, parlando degli ultimi due anni, il rumore generato dalle potenzialità dell’AI ha spesso portato il focus verso l’adozione più che verso la comprensione di quello che realmente può fare questa tecnologia per la vita e per il lavoro delle persone.
Ma in un’epoca di rapidi cambiamenti tecnologici, il vero vantaggio competitivo non risiede solo nell’adozione di nuove tecnologie, ma nella capacità delle persone di utilizzarle in modo efficace e consapevole.
Dobbiamo passare da essere “protagonisti” di un futuro che rischia di essere di declino, a diventare “registi” di questo futuro, indirizzandolo e guidandolo.
I numeri
Il report evidenzia alcuni dati significativi che sottolineano l’urgenza di investire in questo ambito:
– Solo il 37% degli adulti europei ha partecipato a corsi di formazione nel 2016, una percentuale che è rimasta pressoché invariata negli ultimi anni.
– Per raggiungere l’obiettivo dell’Agenda europea per le competenze del 2020 (doh!?) di avere almeno il 60% degli adulti in formazione ogni anno, sarebbero necessari circa 50 milioni di lavoratori in più coinvolti in attività formative.
– Attualmente, circa il 42% degli europei manca di competenze digitali di base, incluso il 37% di coloro che sono attualmente attivi nel mondo del lavoro.
Andando poi più sugli aspetti di contenuto il report sottolinea come l’Europa stia affrontando una doppia sfida: colmare il divario nelle competenze digitali, ma contestualmente prepararsi per la transizione verde. Entrambi questi ambiti richiedono un massiccio investimento in formazione.
– L’Intelligenza Artificiale sta rivoluzionando molti settori, ma l’Europa rischia di rimanere indietro. Secondo il rapporto, circa l’80% della forza lavoro potrebbe vedere almeno il 10% delle proprie mansioni influenzate dall’introduzione dei grandi modelli linguistici di IA nei prossimi anni.
– La carenza di specialisti ICT è critica: quasi il 60% delle aziende UE segnala difficoltà nel reclutare questi profili.
– I tassi di posti vacanti nel settore delle tecnologie pulite nell’UE sono raddoppiati tra il 2019 e il 2023, con il 25% delle aziende UE che segnalava carenze di manodopera nel terzo trimestre del 2023.
– Le proiezioni al 2035 indicano che le carenze di manodopera saranno più pronunciate nelle occupazioni non manuali altamente qualificate, proprio quelle necessarie per guidare la transizione verde.
Sembra drammatico vero? Perchè lo è! Ma cosa si può fare?
L’approccio
Il report suggerisce, ed è in realtà buon senso, un approccio su più fronti per affrontare queste sfide:
1. Migliorare la comprensione dei need sulle competenze: utilizzare dati granulari e comparabili sui fabbisogni di competenze, gli stock esistenti e i flussi desiderati all’interno e tra gli Stati membri.
2. Rendere i sistemi di istruzione e formazione più reattivi: rivedere i programmi di studio in base alle esigenze di competenze identificate, coinvolgendo datori di lavoro e altre parti interessate.
3. Introdurre un sistema comune di certificazione: rendere le competenze acquisite attraverso i programmi di formazione facilmente comprensibili per i potenziali datori di lavoro in tutta l’UE.
4. Riprogettare i programmi UE dedicati all’istruzione e alle competenze: migliorare l’efficienza e la scalabilità degli investimenti nelle competenze, abbinando l’erogazione dei fondi UE a una maggiore responsabilità e valutazione dell’impatto.
5. Adottare interventi specifici per affrontare le carenze di competenze più acute nelle competenze tecniche e STEM: un focus particolare sull’apprendimento degli adulti e sulla formazione professionale.
Non tutto è perduto
Nonostante i dati allarmanti, il report Draghi offre anche motivi di speranza. L’Europa ha ancora punti di forza significativi, come un solido sistema educativo e sanitario e un robusto stato sociale. La sfida ora è convertire questi punti di forza in industrie produttive e competitive a livello globale.
Ecco 5 cose che possiamo fare oggi per iniziare a invertire la tendenza:
1. Investire nella formazione continua dei dipendenti, creando una cultura aziendale che valorizzi l’apprendimento permanente e uscendo dalla mentalità per cui la “formazione” sia solo quella obbligatoria su cui basta mettere un check e andare oltre.
2. Collaborare con università e centri di formazione per sviluppare programmi mirati alle esigenze specifiche del mercato del lavoro puntando ad avvicinare quanto possibile mondo del lavoro e formazione.
3. Incentivare l’adozione di tecnologie digitali nelle PMI, accompagnandola con adeguati percorsi formativi. E’ la vecchia storia della trasformazione digitale, accelerata in modo esponenziale dall’avvento dell’AI.
4. Promuovere programmi di mentorship e scambio generazionale per facilitare il trasferimento di competenze. Questa può e deve essere una strategia centrale in un mondo dove l’età media si alza e questa necessità di reskilling è sempre più presente.
Come detto i titolo dei giornali in questi giorni si focalizzano sul bisogno di investire in nuove tecnologie e risorse tecniche per recuperare competitività, ma tutto questo è e sarà inutile se le persone non tornano ad essere centrali nella nostra visione del futuro. E’ un’opportunità enorme da cogliere e non possiamo aspettare.
Vale la pena ricordarlo? Non sarà l’AI a rubarti il lavoro, ma qualcuno che sa usare l’AI lo farà di certo!
Sempre avanti, condannati all’ottimismo!
Giuseppe