Il capo dell’AI in azienda NON sarà un tecnico (#30)


Non eravamo ancora usciti dall’Ospedale e mia moglie aveva già iniziato, parlando verso la culla, a fare opera di convincimento: “Tu da grande sarai una donna STEM.
Il mondo ha bisogno delle donne STEM!

Al di la dei discorsi sul libero arbitrio della povera figlia#2 devo dire che fino a non molto tempo fa la pensavo così anche io.
Poi è arrivata la Generative AI e credo qualcosa sia cambiato anche per quello che riguarda questi temi.

I limiti della tecnica

Sia chiaro non intendo dire che per sviluppare progetti di Generative AI non siano necessari esperti di programmazione, data analyst e data scientist etc etc. Però queste competenze, in un mondo sempre più ricco di tecnologia disponibileas a service” sono condizioni necessarie, ma non sufficienti per sviluppare progetti di valore. Il motivo? Partiamo dalla logica.

La logica convergente, quella di risolvere problemi ben definiti con soluzioni esatte, è una competenza fondamentale per gli ingegneri. Tuttavia, nel contesto dell’Ai, questo approccio può essere forviante e portare a ottimizzare soluzioni per problemi che non dovrebbero esistere.

L’intelligenza artificiale, per quanto avanzata, manca poi di empatia e di una profonda comprensione dei bisogni umani.

C’è poi il tema della capacità di interpretare e narrare un futuro in cui l’Ai sarà dovunque. I dati e gli algoritmi possono fornire informazioni, ma la loro interpretazione e la capacità di raccontare storie che risuonino con il pubblico richiedono un tocco umano e framework che non sono tipicamente patrimonio di chi si occupa di tecnologia. Per non parlare dei temi etici (ma di etica abbiamo già parlato la scorsa settimana).

Insomma, il bilanciamento tra business, creatività e competenza tecnica diventa essenziale per il pieno sfruttamento del potenziale dell’Ai. Quindi?

La “scoperta” degli specchi negli ascensori

C’è una storia che ultimamente racconto spesso. Verso la fine del 1800 il Signor Otis, famoso per i suoi ascensori, si trovava di fronte a lamentele costanti da parte degli abitanti di un condominio a Manhattan per la lentezza dei suoi ascensori. Nonostante gli sforzi tecnici per migliorarne la velocità, le lamentele persistevano. La soluzione trovata fu inaspettata ma efficace: installare specchi negli ascensori. Questo cambiamento non ha aumentato la velocità dell’ascensore, ma, riducendo i costi di sviluppo tecnico, ha migliorato la percezione del tempo di attesa da parte degli utenti, che si distraevano guardandosi allo specchio.

Questo esempio dimostra, secondo me, come una soluzione apparentemente semplice e non technology intensive possa avere un impatto significativo nella vita delle persone. Ecco perchè in un mondo sempre più tecnologico e dominato dall’Ai, mantenere una prospettiva che valuta l’esperienza umana e la creatività può portare a soluzioni innovative e realmente impattanti.

L’Ai in azienda

L’intelligenza artificiale sta entrando nelle nostre organizzazioni, volenti o nolenti. Nei prossimi anni questi strumenti avranno un impatto significativo su quasi tutto ciò che facciamo come azienda e come singoli dipendenti, dallo sviluppo del software alla gestione delle presentazioni e dei lavori di consulenza fino alle assunzioni. Dovremo affrontare una serie di conseguenze molto rilevanti e tra queste:

  • necessità di ristrutturare e allineare incentivi e valutazioni delle prestazioni intorno all’uso dell’IA;

  • integrazione dell’IA in ogni flusso di lavoro e conseguentemente;

  • la componente di visione strategica e di business che diventa l’abilità più importante per i dipendenti;

  • maggiori costi per reclutare talenti nell’Ai (con quelli più giovani che saranno Ai nativi);

  • l’aumento dei costi dei fornitori tecnologici;

  • la conseguente necessità di valutare nuovi modelli di business che tengano conto dei costi dell’Ai come tecnologia.

Senza contare gli impatti sul benessere mentale dei dipendenti che semplicemente non ce la faranno a tenere il passo con questa nuova trasformazione.

Head of AI: una possibile job description

Ecco perchè c’è bisogno di un ruolo, diverso da quelli esistenti, che orienti l’organizzazione su questi temi venendo valutato sulla base del numero di progetti effettivamente implementati.
Cosa deve fare in pratica questa persona?

  • Definire e comunicare la visione e la roadmap dell’Ai in tutta l’azienda;

  • fare un assessment del livello di Ai readiness dell’azienda stessa (quale è la nostra gestione dei dati? che livello di alfabetizzazione tecnologica abbiamo? etc);

  • sviluppare casi d’uso per implementare l’adozione dell’Ai nei processi esistenti (idealmente partendo da quelli a basso rischio e ripetitivi);

  • identificare le maggiori opportunità per l’Ai all’interno dell’azienda;

  • Avviare pilot e prototipi e gestirne l’implementazione;

  • Stabilire KPI per i progetti e monitorare il ROI;

  • Allineare reparti e stakeholder sulla visione dell’Ai aziendale​​ e sulla sua implementazione.

Facile no? E che competenze deve avere?

Eccoci al punto; non è necessario che questa persona sia un esperto tecnico di Ai​​. Anzi! E non è neanche necessario assumere esternamente per questo ruolo. La persona ideale dovrebbe infatti:

  • conoscere e comprendere l’azienda a 360 gradi e avere forti capacità di project management;

  • tollerare il rischio e l’incertezza e farsi guidare da ipotesi di lavoro condivise;

  • essere un forte comunicatore con relazioni in tutte le aree dell’azienda;

  • credere fermamente, con entusiasmo, nel potenziale dell’Ai generativa per l’azienda.

Il suo capo dovrebbe essere il CEO in una piccola azienda, o un C-level credibile e con potere decisionale in una grande azienda​​. Su Linkedin le ricerche per queste job description stanno aumentando e credo che il trend continuerà nei prossimi mesi/anni. Ci aspetta un periodo super ricco di novità e di stimoli. Il suggerimento non può essere che quello di affrontare questa evoluzione con il solito spirito ovvero…

Sempre avanti, condannati all’ottimismo!

Giuseppe