La ricetta per la felicità, nell'era dell'AI! (#56)


Il tema della felicità è al centro delle riflessioni umane da … beh da sempre! E però diventa particolarmente importante specie quando nella vita ci capita di passare momenti particolarmente duri; quando qualcuno intorno a noi si ammala e muore ad esempio, o quando le promesse di un progetto si infrangono contro la realtà. Eh già, questo è uno di quelli.

Aristotele vedeva nella “eudaimonia” il fine ultimo dell’esistenza umana. Hai detto poco!? Felicità come autorealizzazione; questo pensiero ha influenzato per secoli il pensiero occidentale, fino all’avvento dell’Illuminismo. Pensatori come John Locke e Thomas Jefferson hanno posto la “ricerca della felicità” tra i diritti inalienabili dell’uomo, accanto alla vita e alla libertà.

C’è anche una formula, semplice, che descrive puntualmente cosa serve per essere davvero felici.

Felicità = Realtà – Aspettative

In altre parole, siamo felici quando la realtà supera le nostre aspettative, e infelici quando accade il contrario. Ma come è possibile applicare questa formula oggi, nell’era dell’AI?

Scelte facili

Di sicuro con l’AI le nostre aspettative stanno crescendo in modo esponenziale e in qualsiasi campo. Gli algoritmi che pervadono sempre più la nostra vita quotidiana rendono possibili esperienze e prodotti prima impensabili.

Il problema è che un eccesso di “connessione” virtuale potrebbe in realtà portare a più solitudine ed alienazione. Ad una realtà insomma, ben al di sotto delle nostre aspettative. Già oggi, molti giovani faticano a sviluppare relazioni autentiche, trovando più facile il surrogato dei social media. Con l’AI, il pericolo è che sempre più persone trovino più appagante (e rassicurante) interagire con un chatbot empatico che con un essere umano in carne ed ossa (evitando così anche il rischio di sentirsi rifiutati).

Ma così facendo ci ritroveremo a delegare sempre più decisioni alle macchine, che certo ci promettono di semplificarci la vita e di ottimizzare il nostro tempo, ma a quale costo? Qualche dato:

  • le ricerche per “AI girlfriend” sono aumentate del 525% in un solo anno, evidenziando il crescente interesse per questo tipo di servizi;

  • il 50% degli utenti di AI girlfriend interagisce con loro quotidianamente, mentre il 43% lo fa su base settimanale. Ciò suggerisce che per molti non si tratta solo di una curiosità passeggera;

  • il 47% degli utenti sarebbe interessato ad usare app di dating basate sull’AI per trovare relazioni a lungo termine, non solo incontri occasionali;

  • 1 giovane su 5 nella fascia 13-39 anni è aperto all’idea di avere un partner virtuale o basato sull’AI. Questo riflette un cambiamento di mentalità nelle nuove generazioni;

  • gli uomini hanno il doppio delle probabilità rispetto alle donne di considerare un partner AI. Ciò potrebbe essere legato a differenze di genere nell’approccio alle relazioni.

Il rischio, in soldoni, è che, inseguendo una felicità “prêt-à-porter” confezionata dagli algoritmi, finiamo per perdere di vista ciò che davvero conta per noi. Che ci accontentiamo di surrogati digitali delle relazioni umane, invece di investire tempo ed energie nei rapporti in carne ed ossa. I social hanno tracciato il sentiero; con l’AI rischiamo che diventi una autostrada!

Come preservare dunque il nostro benessere e la felicità in questo nuovo scenario?

Alla ricerca dell’inaspettato!

Credo che la chiave sia riappropriarci della nostra capacità di scelta e di autodeterminazione. Usare la tecnologia in modo consapevole, al servizio dei nostri valori e delle nostre aspirazioni. Coltivare spazi di disconnessione e di silenzio, in cui ritrovare il contatto con noi stessi.

Soprattutto, credo che nell’era dell’AI sia essenziale riscoprire il valore del casuale, dell’inatteso, dell’inaspettato. In un mondo in cui gli algoritmi ottimizzano ogni nostra esperienza, prevedono i nostri desideri, ci offrono continuamente la “scelta migliore”, rischiamo di perdere la capacità di stupirci, di meravigliarci, di aprirci all’ignoto.

E sono proprio queste esperienze non pianificate – un tramonto mozzafiato, un incontro fortuito, una lettura che ci sconvolge – a darci spesso le gioie più grandi e durature. Quelle che riempiono la nostra vita di senso e di bellezza, al di là di ogni calcolo.

E l’AI può giocare un ruolo fondamentale e positivo in questo contesto. Nella storia dell’uomo, in momenti diversi, abbiamo messo al centro diversi elementi per guidare la nostra ricerca della felicità; la forza fisica, l’esperienza, la saggezza. Certo, oggi, nell’era del capitalismo, sembra contare solo il nostro conto in banca. Ma forse, liberi dalla schiavitù del lavoro, grazie all’AI, potremo riscoprire altri modi di dare senso alla nostra esistenza.

Outro

L’anno prossimo compirò 50 anni e mi pare di poter dire che con la maturità si riscopre la gioia nelle piccole cose. Quella capacità di stupirsi che da bambini era naturale, e che da adulti tendiamo a perdere, schiacciati dalle responsabilità. Ma se impariamo a coltivare quello sguardo, quello che avevamo da bambini, allora possiamo ancora trovare momenti di autentica felicità nella bellezza di un panorama, nella gentilezza di un gesto, nell’abbraccio di una persona cara. Anche nell’era dell’AI!

Forse, allora, la sfida che ci attende non è tanto tecnologica, quanto spirituale. Riscoprire cosa conta davvero per noi, al di là dei condizionamenti sociali e delle dinamiche di mercato.

Coltivare relazioni autentiche, basate sull’empatia e la vulnerabilità reciproca. Contribuire al bene comune con generosità e altruismo.

Sempre avanti, condannati all’ottimismo!

Giuseppe