L'età è solo un numero (#79)


Ti sei mai chiesto fino a che età vivrai?

È la domanda che mi sono sentito rivolgere qualche giorno fa durante una conferenza, e devo ammettere che mi ha colto di sorpresa. Come molti, tendo a dare per scontato che vivrò “fino a una certa età“, ma la verità è che quel numero nella mia testa – circa 85 anni – è probabilmente molto lontano dalla realtà.

La scienza ci ha fatto un regalo straordinario: in un solo secolo ci ha regalato 30 anni di vita in più. È un dono incredibile, ma come tutti i regali inaspettati, porta con sé la domanda:
E adesso che ci faccio?

Il paradosso italiano

Voglio che la morte mi trovi vivo” diceva Marcello Marchesi, ed è una frase che illumina una delle più grandi sfide della nostra epoca. L’Italia è un caso particolare quando si parla di età media e qualità della vita: in un secolo siamo passati da una aspettativa di vita di 52 anni a quasi 83. Un balzo impressionante che ci rende uno dei paesi più longevi al mondo, secondi solo al Giappone.

Ma siamo pronti per questa rivoluzione? Mi ricorda molto quando sono diventato padre per la prima volta: nessuno mi aveva davvero preparato per quel ruolo, proprio come nessuno ci sta preparando per questa rivoluzione demografica.

È fondamentale comprendere che il lavoro non può essere l’unico metro di misura del nostro valore e della nostra identità. Il lavoro deve trasformarsi da centro gravitazionale della vita a uno dei tanti elementi che la compongono, insieme alle relazioni, alla crescita personale, agli interessi culturali e al contributo sociale. Non si tratta di sminuire l’importanza del lavoro, ma di ricollocarlo in una prospettiva più ampia e umana, dove il tempo guadagnato grazie alla maggiore longevità diventa un’opportunità per esplorare tutte le dimensioni dell’essere, non solo quella professionale.
Ragionandoci su ci sono 5 lezioni sul tema che mi sento di portare a casa.

Lezione #1: La vita non è più una linea retta

La prima grande lezione che sto imparando è che dobbiamo abbandonare l’idea della carriera come percorso lineare. Proprio come nella genitorialità, dove ogni giorno è diverso e richiede continui adattamenti, la vita professionale sta diventando sempre più circolare: periodi di lavoro intenso si alternano a momenti di formazione, pause sabbatiche si intrecciano con nuovi inizi.

Mi fa sorridere pensare che mia figlia #2, quando entrerà nel mondo del lavoro, potrebbe avere davanti a sé non una, ma tre o quattro carriere diverse. E la cosa più interessante?

Probabilmente lavorerà fianco a fianco con persone che hanno 40 anni più di lei, in team che per la prima volta nella storia vedranno cinque generazioni diverse lavorare insieme.

Lezione #2: I quattro quarti della vita

Se vivremo fino a 100 anni (e molti di noi lo faranno), la nostra vita si dividerà in quattro quarti da 25 anni ciascuno. Mi ricorda molto quello che ho imparato sulla leadership: non si tratta di “vincere” una competizione o raggiungere un titolo, ma di assumersi la responsabilità della crescita, propria e degli altri.

I quattro quarti sono:

  • Q1 (0-25): Formazione e crescita

  • Q2 (25-50): Realizzazione iniziale

  • Q3 (50-75): Seconda fioritura

  • Q4 (75-100): Raccolta dei frutti

La vera rivoluzione è il Q3, quei 25 anni dopo i 50 che sono completamente nuovi nella storia dell’umanità. Non più un periodo di declino, ma una fase di rinascita e nuove possibilità.
… O almeno così spero visto che ci sono quasi.

Lezione #3: Fai pratica, ogni giorno

Come ho imparato facendo il papà, nessuno nasce “imparato”. Le prime volte che cambiavo un pannolino erano un disastro, proprio come le prime volte che gestivo un team. La chiave è fare pratica, ogni giorno.

Lo stesso vale per questa nuova longevità: dobbiamo allenarci a pensare in modo diverso, a vedere le opportunità dove altri vedono limiti. La crescita personale e la maturazione avvengono non quando le cose vanno come previsto, ma attraverso le difficoltà e le sfide che ci costringono a riflettere, riconsiderare e adattare i nostri approcci.

Lezione #4: Garantisci la sicurezza, sempre

Proprio come i leader devono creare ambienti sicuri dove i loro team possano crescere ed esplorare, dobbiamo creare una cultura aziendale che valorizzi tutte le età. Non si tratta solo di sicurezza fisica, ma anche emotiva.

Ho visto troppe organizzazioni dove le persone over 50 si sentono “finite”, come se non avessero più nulla da dare o da imparare. È un errore capitale: la sicurezza psicologica è fondamentale per permettere a tutti di esprimersi senza timore di giudizio o fallimento.

Lezione #5: Non confondere l’influenza con il controllo

Una delle lezioni più importanti che ho imparato come genitore e come leader è che non si tratta di controllare ogni aspetto, ma di influenzare e supportare. Lo stesso principio si applica alla gestione delle diverse generazioni in azienda.

Non si tratta di imporre un modo di lavorare, ma di creare le condizioni perché ognuno possa dare il meglio di sé, indipendentemente dall’età. È come quando #figlia1 ha mostrato interesse per la recitazione e il cinema: il mio ruolo non era dirle cosa recitare o che film vedere, ma darle gli strumenti per esplorare la sua passione.

Insomma, credo che la sfida che abbiamo davanti sia enorme, ma anche entusiasmante. Come leader, come genitori, come esseri umani, dobbiamo re-imparare a vedere il tempo in modo diverso. Non più come una linea retta che porta inevitabilmente al declino, ma come una spirale di opportunità che si rinnova continuamente.

E forse, proprio come nella genitorialità, la chiave del successo sta nel trovare il giusto equilibrio: tra esperienza e innovazione, tra controllo e libertà, tra tradizione e cambiamento.

Perché alla fine, che si tratti di crescere figli o di gestire carriere centenarie, la vera sfida è sempre la stessa: aiutare gli altri (e noi stessi) a realizzare il proprio potenziale.

Sempre avanti, condannati all’ottimismo!

Giuseppe