SONG OF THE WEEK: Bisogna Saper Perdere
“Giuseppe, dobbiamo parlare.”
Quando in Talent Garden il responsabile di uno dei nostri campus mi chiede un meeting con queste parole, di solito è una grana.
Problemi di fatturato? Team in crisi? Invece no. In questo caso mi stava comunicando che dopo due anni da noi, una delle startup più promettenti del nostro coworking di Milano stava per trasferirsi in uffici più grandi. Avevano chiuso un round di investimenti importante e il loro team era cresciuto in modo esponenziale.
Una settimana dopo, stessa telefonata. Altro cliente storico, altra “cattiva” notizia: se ne andavano anche loro. Stesso motivo: troppo cresciuti per i nostri spazi.
Mentre riattaccavo il telefono dopo la seconda chiamata una sorta di illuminazione; certo, per i nostri conti sarà un bel colpo, ma … perché essere tristi? Non è fantastico?
Insomma ero genuinamente dispiaciuto di perdere due clienti che adoravo, ma allo stesso tempo… beh, non potevo essere più orgoglioso. Strano?
Nella maggior parte dei settori, perdere un cliente è un fallimento. Significa che qualcosa è andato storto: il servizio non era all’altezza, il prezzo era troppo alto, la concorrenza ha fatto meglio. Ma esistono alcuni ambiti particolari dove accade l’esatto opposto.
Quando una startup lascia il tuo coworking perché è cresciuta troppo, quando un tuo ex-dipendente fonda la sua azienda, quando un cliente non ha più bisogno della tua consulenza perché ha imparato a cavarsela da solo… in tutti questi casi, la “perdita” è in realtà la prova che hai fatto un lavoro eccellente.
Il punto è che un mondo in profonda trasformazione come quello in cui viviamo richiede una mentalità completamente diversa.
Devi essere disposto a investire nel successo di qualcuno sapendo che, se ci riesci davvero, prima o poi ti saluterà.
Tre settori, stessa lezione
La storia di Talent Garden non è unica nel suo genere. Molti dei coworking più famosi al mondo hanno visto nascere e crescere aziende che oggi valgono miliardi. Uber ha mosso i primi passi in un coworking di San Francisco. Spotify ha sviluppato le sue prime idee negli spazi condivisi di Stoccolma. Instagram – venduta a Facebook per un miliardo di dollari – è nata letteralmente alla scrivania di un coworking.
Ma se possibile nel settore del venture building il paradosso è ancora più estremo. Qui letteralmente costruisci aziende con l’obiettivo specifico di farle diventare indipendenti. È come crescere un figlio sapendo che il successo si misurerà nel momento in cui non avrà più bisogno di te.
L’approccio è chirurgico: entri, costruisci, stabilizzi, esci. Il tuo successo si misura nella capacità di rendere l’azienda così solida e indipendente che può proseguire senza di te. È l’arte di diventare rapidamente superfluo.
Questo paradosso non si limita a clienti o aziende, ma vale anche per le persone con cui lavoriamo ogni giorno.
Negli ultimi anni ho visto alcuni dei miei collaboratori più brillanti lasciare l’azienda in cui lavoravamo insieme per fondare le loro startup, per ruoli più senior altrove, o per esplorare nuovi mercati.
Ogni volta che succede, c’è sempre qualcuno che commenta: “Altro brain drain”. Ma io la vedo diversamente. Preferisco chiamarli alumni, non ex-dipendenti.
E gli alumni sono una risorsa incredibile.
Uno dei miei ex-collaboratori ha fondato una startup nel settore fintech. Oggi, quando ho bisogno di capire le dinamiche di quel mercato, lo chiamo. Un’altra è diventata CMO di una scale-up e mi ha già portato due clienti importanti. Un terzo lavora in una grande tech company e mi ha aiutato a entrare in contatto con il loro team innovation.
La rete che si crea quando lasci andare le persone nel modo giusto è più preziosa di quello che potresti mai ottenere trattenendole contro la loro volontà.
Insomma, viviamo in un mondo complesso ed in un mondo così complesso a volte per vincere… devi perdere!
5 principi per “perdere bene”
Ovviamente non basta accettare passivamente le partenze, ma bisogna sviluppare una mentalità specifica e alcuni rituali concreti. Qualche esempio? Ma certo!
1. Celebra, non piangere
Quando un cliente o un collaboratore ti lascia per crescere, organizza una festa. Letteralmente. Ma non una cena formale e imbarazzante dove tutti fingono che vada tutto bene. Racconta la loro storia, celebra i risultati ottenuti insieme, trasforma l’addio in un momento di orgoglio condiviso.
Il trucco è questo: invece di concentrarti su quello che perdi tu, concentrati su quello che hanno guadagnato loro. Cambia completamente l’energia della situazione. E alla fine tutti escono da quell’evento con una sensazione di vittoria condivisa, non di perdita.
2. Alumni, non ex
Questa è più di una questione linguistica, è un cambio di prospettiva completo. Un “ex-cliente” è qualcuno che hai perso, probabilmente per qualche tuo errore. Un “alumni” è qualcuno che hai cresciuto e che porta con sé un pezzo della tua storia.
Gli alumni tendono a tornare quando hanno nuovi progetti, a portare altri clienti, a parlar bene di te nei contesti che contano. Ma soprattutto: quando hai bisogno di capire come va un settore, di trovare un talento specifico, di entrare in un mercato nuovo, la prima chiamata la fai a loro.
Sono i tuoi agenti sul campo.
3. Investi nell’uscita
Questo è il punto più controintuitivo e forse il più importante. Quando capisci che un cliente o un collaboratore sta per spiccare il volo, il primo istinto è quello di trattenere. Offrire sconti, aumenti di stipendio, condizioni migliori. È un errore madornale.
Invece devi fare l’opposto: accelerare il loro processo di crescita. Aiutali attivamente a trovare la soluzione migliore per loro, anche se non sei tu. Mettili in contatto con le persone giuste, condividi la tua rete, dai consigli strategici per il loro prossimo step.
Il modo in cui esci da una relazione professionale determina tutto quello che rimane dopo. Se esci male, rimane rancore. Se esci bene, rimane gratitudine.
E la gratitudine è la valuta più preziosa nel mondo degli affari.
4. Mantieni i ponti (attivamente)
Non è vero che quando qualcuno se ne va la relazione finisce. Ma attenzione: non finisce automaticamente in modo positivo. Devi lavorarci su.
La chiave è ridefinire attivamente il nuovo tipo di relazione. Da fornitore-cliente diventi mentore-mentee. Da capo-dipendente diventi riferimento-consulente. Ma questi ruoli non si creano da soli, devi costruirli.
Io ho un sistema molto semplice: ogni ex-collaboratore o cliente che se n’è andato “bene” entra nella mia agenda con un reminder mensile per i primi tre mesi, poi trimestrale. Non chiamate commerciali, ma check-in autentici: “Come va? Come posso aiutarti? Hai bisogno di qualche contatto?”.
Sembra un investimento di tempo senza ritorno immediato, ma vi sbagliate. Questi nuovi tipi di relazione spesso sono più ricchi e duraturi di quelli originali. Perché non c’è più la dinamica del “do ut des” immediato, ma una collaborazione basata sulla fiducia e sul successo reciproco a lungo termine.
5. Misura il successo diversamente
Qui tocchiamo il punto più delicato: i KPI. Se il tuo unico indicatore è il retention rate, non capirai mai questi tipi di business. È come valutare una scuola solo sulla base di quanti studenti restano a ripetere l’anno… no buono.
Devi costruire dashboard completamente diverse. Per esempio,
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Alumni Success Rate: quanti fondi hanno raccolto le startup che sono passate da noi nei 2 anni successivi alla “partenza”
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Network Value: quanti referral qualificati arrivano dai nostri alumni in un anno
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Ecosystem Impact: quante assunzioni fanno i nostri alumni tra le loro reti (spesso attingendo dalla nostra community)
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Reverse Boomerang: quanti alumni tornano da noi dopo qualche anno per nuovi progetti
Questi numeri raccontano una storia completamente diversa dal classico churn rate. E soprattutto ti aiutano a capire se stai davvero costruendo un ecosistema o se stai solo gestendo un servizio.
La cosa più interessante? Quando inizi a ragionare con questi KPI, cambi automaticamente il tuo modo di lavorare. Non cerchi più di massimizzare il time-to-value del singolo cliente, ma il lifetime-ecosystem-value della relazione.
È un gioco completamente diverso, e per me è molto più divertente.
Lasciar andare
Mentre scrivo questa newsletter, ripenso alle due startup che ci lasceranno nei prossimi mesi. Una ha appena annunciato un nuovo round, l’altra ha fuori diverse posizioni aperte su Linkedin. Ogni volta vedo i loro post, sorrido. Perché so che in qualche piccolo modo, abbiamo fatto parte di quella storia.
Non è facile sviluppare questa mentalità. Va contro ogni istinto di business tradizionale. Ma quando ci riesci, ti accorgi che la partita segue nuove regole. Non stai solo vendendo un servizio o gestendo un team. Stai contribuendo a costruire ecosistemi, a far crescere persone, a creare valore che va ben oltre il tuo fatturato immediato.
Sempre avanti, condannati all’ottimismo!
Giuseppe