Ho dovuto imparare a scrivere di nuovo, selezionare strumenti che sono diventati compagni di viaggio e creare delle AI personas per supportarmi nel lavoro. Un nuovo inizio!
Sono stato davvero fortunato nella mia vita lavorativa; in più di un quarto di secolo ho vissuto la nascita dell’internet commerciale, lo sviluppo del mobile (ah l’anno del mobile) e l’affermazione del cloud. Ogni singola evoluzione mi ha permesso di imparare cose nuove e di crescere sia professionalmente sia dal punto di vista economico.
Ma nulla di ciò che ho vissuto prima mi aveva però preparato all’avventura che ho intrapreso scrivendo il mio ultimo libro, Inspired by Data. Un’avventura condivisa con un co-autore d’eccezione; l’intelligenza artificiale.
Imparare a scrivere … di nuovo
In un certo senso, è stato come ritornare bambino per apprendere, da zero, a scrivere seguendo nuove regole e una nuova grammatica. Con i miei libri precedenti, la stesura del testo è stata in gran parte un’impresa solitaria: solo io e lo schermo del mio laptop in un flusso di pensieri personale ed isolato. Qualsiasi collaborazione era limitata alla revisione superficiale con l’editor o ad approfondimenti tecnici.
Questa volta è stato del tutto diverso.
Avevo un compagno di brainstorming disponibile 24 ore al giorno per un dialogo ricco e significativo che andava oltre la semplice revisione delle bozze. Durante il processo di scrittura, l’AI è così diventato più di uno strumento; era una collega instancabile, un partner con cui scambiare idee e un costante pungolo a fare di più e meglio.
Non stavamo solo correggendo la grammatica (il libro è in inglese) o sistemando la forma; stavamo co-creando.
Ma quali sono le principali lezioni che ho imparato attraverso l’utilizzo di questa tecnologia nella scrittura del libro?
Il mio SWAT team:
Gpt, Claude, Perplexity
Il primo passo è stato selezionare quali tra questi tool andare ad utilizzare. Nella stesura dei testi e nelle varie revisioni ho selezionato tre strumenti in particolare.
Il primo è stato, ovviamente, ChatGPT di OpenAI che ho utilizzato nell’analisi, sintesi e revisione del materiale. Dopo una prima fase di ricerca ho infatti dato in pasto al sistema un’ampia gamma di documenti, articoli di ricerca e case study aziendali; questo LLM ha lavorato con me identificando le informazioni più rilevanti e definendo possibili percorsi tematici nel contenuto.
Questa abilità analitica non solo ha fatto risparmiare a me tempo prezioso, ma ha anche garantito che il libro si basasse su fonti credibili.
Altro strumento di AI che è stato fondamentale è Claude2. Mentre ChatGPT eccelle nella generazione, sintesi e analisi di contenuti, Claude2, sviluppato da Anthropic, è progettato per essere sincero quando non è sicuro o non può fornire una risposta accurata. Un pò il grillo parlante del gruppo insomma. Mentre ChatGPT fornisce il muscolo creativo e generativo, Claude2 ha agito da occhio critico per garantire l’integrità fattuale. Questa relazione sinergica tra i due LLM è stata fondamentale per permettermi di scrivere un libro che potesse ambire ad essere non solo informativo, ma anche affidabile.
Il terzo membro del mio SWAT team è stato Perplexity.ai; in questo caso non parliamo di LLM, ma di un prodotto che sugli LLM si basa. La sua funzionalità principale ruota attorno alla scoperta e all’organizzazione delle informazioni. Questo è particolarmente utile quando si cercano dati specifici, risultati mirati di ricerche disponibili online o pareri di esperti per sostanziare gli argomenti o i punti più concreti presentati nel libro.
L’orchestrazione di questi tre strumenti di AI – ChatGPT Plus, Claude2 e Perplexity.ai – è stata una pietra angolare nel processo di produzione del libro. Ogni strumento ha i suoi punti di forza unici e la loro collaborazione sinergica ha significativamente elevato la qualità, la profondità e l’affidabilità dei contenuti.
Ok, questi sono gli attrezzi, ma come li ho utilizzati?
3 AI Personas:
assistente, stratega, creator
Nel marketing e nel digital marketing in particolare, le user persona sono profili fittizi che vengono creati per rappresentare i diversi tipi di utenti che potrebbero interagire con un prodotto, un servizio o un’esperienza. Queste user persona aiutano così a creare contenuti che risuonano con gruppi particolari, aumentando il coinvolgimento e i tassi di conversione.
Nello sviluppo del libro ho quindi strutturato 3 AI personas, creando prompt dedicati; l’assistente, lo stratega e il creator.
I prompt sono stati pensati per fornire all’AI informazioni rilevanti sul lavoro da svolgere. Pertanto, ogni personaggio ha avuto il proprio carattere, per così dire.
L’assistente di fatto ha agito come uno stagista; perfetto per i compiti ripetitivi e che a me avrebbero richiesto molto tempo con un basso impatto cognitivo. L’assistente ha una serie di qualità innegabili: impara rapidamente, non si annoia mai dei compiti che gli assegni, è forte nell’analisi dei dati, può condurre ricerche e preparare briefing, ma è anche desiderosa di compiacere il suo “capo”, ed è quindi incline alle cosiddette allucinazioni.
Lo stratega è qualcosa di molto vicino ad un consulente strategico. Pensa in termini di framework, è addestrato su diverse aree ed è razionale e insensibile alle emozioni; per questo può generare opzioni alternative e diverse prospettive senza … offendersi.
Per finire abbiamo il creator, che aiuta nella produzione vera e propria di contenuti; ha imparato rapidamente il mio stile di scrittura, mi ha fornito bozze di partenza da sviluppare e ha lavorato con modelli specifici (ad esempio i brief creativi).
Chiedere a una macchina di emulare specifiche personas nelle sue risposte rappresenta una forma nuova di “vincolo” per questi strumenti.
Curiosamente, i vincoli spesso agiscono da catalizzatori per l’innovazione. Rendendo più stretto l’ambito delle possibilità, costringono soluzioni creative ad emergere, migliorando l’utilità del sistema e ampliandone le applicazioni.
Insomma tutto facile e bello? Non proprio.
Ma chi è l’autore?
Di sicuro è stata un’esperienza nuova e stimolante, ma non mi sfuggono gli aspetti critici della cosa: ci sono questioni delicate come quella che riguarda la proprietà intellettuale del prodotto finale.
Posso veramente presentarmi come l’unico autore del libro se così tanto e così profondamente l’AI è stata parte del processo? È sufficiente, con trasparenza, dichiarare che ho utilizzato alcuni LLM per essere eticamente e formalmente corretto?
La verità è che penso sia ancora troppo presto per avere una chiara idea sul tema e che un set di regole su questi ambiti così delicati e importanti dovranno essere definite e condivise nei prossimi mesi e anni.
Quello che però credo è che dopo una fase di transizione, breve a piacere, presto apprezzeremo pienamente l’enorme potenziale dei processi creativi “abilitati” dall’AI e potremo tutti avere moltissimo da guadagnare non solo in termini di efficienza e produttività, ma anche di qualità del prodotto finale.
Sempre avanti, condannati all’ottimismo!
Giuseppe