Esseri imperfetti (#43)


Accettare la nostra unicità, anche nelle imperfezioni, è l’arma in più per trovare il nostro posto nel mondo. Anche nell’era dell’AI!

Quando ho iniziato a lavorare, ormai più di 25 anni fa, ricordo di essermi dato alcuni principi da seguire sul lavoro. Uno di questi era “essere inattaccabile”; chi ha lavorato con me in quei primi anni sono sicuro se lo ricorda, ahimè!

Erano gli inizi di internet e noi eravamo gli alieni; i digitali in un mondo analogico. L’unico modo per farci strada era, a mio modo di vedere, “essere inattaccabili” appunto. Portare per ogni idea dei numeri e delle evidenze, essere perfetti nell’execution, non lasciare mai nulla al caso o all’improvvisazione.

Una fatica del diavolo!

Oggi è facile sentirsi sopraffatti lavorando nel marketing e non solo; ogni giorno una news, una nuova funzionalità, un nuovo strumento da conoscere. E’ l’era dell’AI! Dove tutto corre veloce e dove questa nuova collega, super intelligente e che non si stanca mai, sta entrando nei nostri uffici, ma a quale prezzo?

AI e Salute Mentale sul lavoro

Se guardo all’evoluzione del mercato del lavoro non posso che essere ottimista; tra qualche anno l’AI avrà liberato l’uomo dai lavori noiosi e ripetitivi e questo non potrà che rappresentare l’inizio di una nuova era con più creatività, più opportunità, più aziende ed in definitiva un nuovo umanesimo.

Ma la fase di transizione non sarà breve, ne indolore: temo che la salute mentale all’interno delle nostre aziende peggiorerà notevolmente prima di iniziare a migliorare.

Quali saranno allora le conseguenze più evidenti di questa evoluzione?

1. Disoccupazione e riduzione di posti di lavoro

Si stima che tra il 3% e il 14% della forza lavoro globale (75-375 milioni di lavoratori) potrebbe dover cambiare lavoro a causa dell’automazione guidata dall’AI entro il 2030. Questo significa che questa tecnologia potrebbe realmente portare alla scomparsa di alcune professioni o alla riduzione della domanda di lavoro in settori come produzione, logistica, contabilità, servizi finanziari.

Anche professioni qualificate come avvocati, commercialisti, medici potrebbero vedere parte delle loro mansioni automatizzate.

2. Aumento delle disuguaglianze

L’AI rischia di avvantaggiare solo alcuni lavoratori altamente qualificati e le grandi aziende tecnologiche. Potrebbe così ampliarsi il divario tra “innovatori” e normali lavoratori portando a conseguenze non solo in ambito lavorativo ed economico, ma anche sociale e politico.

Contrariamente a quanto molti pensavano infatti, l’AI non si è limitata a sostituire i robot, ma ha assunto un ruolo attivo nel nostro lavoro quotidiano assistendoci nelle attività ad alto valore aggiunto dei knowledge worker, soprattutto quelli con elevati livelli di istruzione.

Il mix che ne risulta è davvero pericoloso: una forza lavoro che attribuisce grande importanza al lavoro si trova ora destabilizzata dall’AI.

3. Necessità di riqualificazione

I lavoratori, tutti i lavoratori, dovranno aggiornare frequentemente le proprie competenze per adattarsi ai cambiamenti portati dall’AI. Anche il sistema educativo e formativo dovrà fornire le competenze necessarie per i lavori del futuro, ma non sarà un percorso semplice o veloce.

Facile prevedere allora che alcune aziende inizieranno a differenziarsi dalla concorrenza investendo di più su programmi e percorsi che puntano a ridurre i livelli di stress, come la terapia o il coaching. Assisteremo inoltre a un aumento del “virtue signaling” aziendale, con impegni verso la riqualificazione e la ricollocazione.

Ma tutto qui? Davvero ci aspettano anni in cui la rincorsa all’AI sarà il motivo dominante del nostro lavoro? Siamo condannati ad “essere inattaccabili” per avere ancora un ruolo in questo futuro ricco di tecnologia? Forse no!

La nota sbagliata

E’ evidente che, per quanto riguarda il lavoro in termini di efficienza e rapidità, non possiamo giocare una partita alla pari con l’AI. Allora che fare?

La risposta me l’ha data un film di qualche anno fa, La leggenda del pianista sull’oceano ed in particolare un brano della sua colonna sonora realizzata da Ennio Morricone. Il pezzo si chiama “The Crisis” ed ha una particolarità. Per tutta la sua durata c’è una nota dissonante che si ripete, ed è proprio questo a renderlo imperfetto e quindi unico e bellissimo.

Senza quella nota stonata e apparentemente fastidiosa, la melodia sarebbe piatta e scontata. E invece quella nota è perfetta, nella sua imperfezione; rappresenta la vera natura di ciò che ci rende unici come esseri umani, esseri imperfetti.

Nell’era dell’intelligenza artificiale sarà proprio la nostra capacità di abbracciare le imperfezioni a rappresentare il nostro più grande vantaggio. Invece di competere con l’AI sulla base della precisione e dell’efficienza, possiamo puntare sulle qualità umane irripetibili: la creatività, l’empatia, l’intuizione.

Sempre avanti, condannati all’ottimismo!

Giuseppe