Tempi duri (#46)


Sono tempi duri, davvero, e per una volta non parlo di AI, marketing o di business, ma di cose molto personali.

Nell’ultimo mese e mezzo mi sono ritrovato a gestire una quantità di sfide di lavoro, casini familiari e di salute che, così intense, così tutte insieme, non mi era mai capitato di affrontare in tutta la mia vita.
E non è ancora finita! All’orizzonte non si vede il sereno.
Ma come si fa ad andare avanti quando tutto sembra andare storto?

“C’è grossa crisi”

Sembra quasi che la vita, a volte, si diverta a metterci alla prova e edere allo sconforto è facile anche perché se ti guardi intorno, come diceva il personaggio di Guzzanti … “c’è grossa crisi”!

Certo, la scorsa settimana, il 20 di Marzo, abbiamo festeggiato la #giornatamondialedellafelicità, ma i dati ci dicono che negli ultimi 30 anni, abbiamo assistito a un declino costante della felicità nei libri, nei giornali e nel discorso pubblico. Questo è reso ancora più evidente da tre grandi shock che abbiamo vissuto a livello collettivo: l’avvento dei social media, la polarizzazione politica e la pandemia di COVID-19.

Eventi così rilevanti hanno minato le fondamenta stesse del nostro benessere: la fede o comunque il senso di trascendenza, la famiglia ed i legami più stretti, le amicizie autentiche ed anche il senso di realizzazione nel lavoro.

Le ricerche sul tema dicono che i giovani e gli uomini di mezza età sembrano essere i più colpiti. Le donne tra i 15 e i 25 anni e gli uomini tra i 50 e i 65 anni mostrano i più alti tassi di autolesionismo e suicidio. Le ragioni sono diverse, ma ruotano attorno agli stessi temi: la mancanza di resilienza e di supporto sociale.

Quando queste cose scompaiono e l’unico meccanismo di difesa che hai è la pornografia online e una confezione da 12 di birra, il problema non può risolversi da solo.
Quindi … che fare?

Guardare oltre

Come esseri umani, è evidente, siamo naturalmente portati a concentrarci su noi stessi, sui nostri problemi, sui nostri bisogni e desideri immediati. Questa sorta di “psicodramma” quotidiano, se non gestito, può portarci davvero a vivere una forma di frustrazione e di insoddisfazione cronica che con il tempo può diventare insostenibile.
La chiave per uscire da questa trappola? Credo sia guardare oltre.

Dobbiamo re-imparare a guardare oltre noi stessi, dedicarci a qualcosa di più grande, che dia senso e scopo alla nostra esistenza. In una parola: rimpicciolirsi! Che si tratti di fede, filosofia, arte, natura o servizio agli altri, abbiamo bisogno di tanto in tanto di avere uno sguardo più ampio sulla vita e di concentrarci su qualcosa di più grande di noi stessi.

L’importanza di coltivare relazioni autentiche, di trovare uno scopo nel lavoro e di apprezzare la bellezza del mondo è costantemente sottostimata. Lo so bene che non è facile in un’epoca di distrazioni digitali, ma questa è forse la sfida più importante che abbiamo, anche come genitori.
Ma allora …

… come si diventa felici?

Penso che raggiungere la felicità non sia solo una questione di fortuna o di talento naturale. Non basta sperare che le cose vadano bene, bisogna investire attivamente nelle relazioni e nelle attività che sentiamo come di valore.
Anche la felicità, quindi, è un’abilità, come l’ottimismo, che si può imparare e allenare, con impegno e disciplina. E come ogni forma di allenamento richiede costanza e una visione ampia delle cose. Non si raggiunge da un giorno all’altro, ma si costruisce passo dopo passo, scelta dopo scelta.

Da dove partire?

  1. Investi nelle relazioni. La famiglia, gli amici, la comunità sono i pilastri del nostro benessere. Dedica tempo ed energie a coltivare legami profondi e significativi. Trascurare questi legami in nome del successo o per bisogno di “arrivare” a un traguardo è un autogol pazzesco del quale, purtroppo, ci rendiamo conto troppo tardi.

  2. Trova uno scopo. Il lavoro o le attività che svolgi ogni giorno devono andare oltre il semplice guadagno economico. Devono essere un’espressione dei tuoi valori e talenti, un modo per contribuire al bene comune. Facci caso; il tuo lavoro ti rende infelice quando pensi unicamente alla carriera. E ti rende intensamente felice quando ti rendi conto che stai facendo qualcosa di buono non solo per te, ma per molte altre persone.

  3. Nel dubbio, scegli l’amore. lo so, questa roba suona davvero melensa e non degna di Linkedin, ma ha solide basi scientifiche, giuro!

Uno degli studi più lunghi e interessanti mai fatto sul tema della felicità è infatti l’Harvard Study of Adult Development: un progetto pioneristico iniziato nel 1938, che ha seguito 724 uomini per oltre 85 anni, raccogliendo dati sulla loro salute fisica, mentale e relazionale. Lo scopo dello studio era identificare i fattori chiave che contribuiscono a una vita sana e felice. Dopo quasi un secolo di raccolta e analisi dei dati, i ricercatori sono giunti a una conclusione sorprendentemente semplice ma profonda.

HAPPINESS IS LOVE: FULL STOP

In altre parole, anche in tempi duri come quelli che mi sta capitando di vivere, più siamo in grado di amare e di essere amati più abbiamo la possibilità di essere felici e sani mentre invecchiamo.

Questo non significa che altri fattori come la genetica, lo stile di vita o lo status socioeconomico non contino. Ma lo studio suggerisce che relazioni forti e nutrienti possono proteggerci dalle inevitabili sfide e stress della vita, aumentando la nostra resilienza e il nostro benessere generale.

So bene che non è sempre facile, soprattutto nelle fasi più difficili della vita come quelle che in questi mesi ho vissuto e dovrò vivere. Ma è l’unica strada per una vita piena e appagante. Una strada fatta di relazioni, di scopo e di meraviglia.

Una strada su cui vale la pena incamminarsi, un passo alla volta, con curiosità e fiducia e, auspicabilmente, in buona compagnia.

Sempre avanti, condannati all’ottimismo!

Giuseppe