SONG OF THE WEEK: Changes – David Bowie
Qualche settimana fa ho sentito un caro amico che all’inizio della call mi ha fatto subito disclaimer; “ti volevo sentire per un dubbio, ma per favore NON nominare me o la mia azienda in quella newsletter che fai ogni domenica”
E’ la prima volta che mi capita ma … ok ci sto, quindi useremo nomi di fantasia :D!
Mario, il mio amico, è CIO di una grande azienda italiana che chiameremo FuturoItaliano; il suo tono nella chiamata era quello di chi si trovarsi di fronte ad un problema inatteso e che non sa come affrontare.
“G, abbiamo un problema. Sei mesi fa abbiamo acquistato licenze AI premium (anche qui nome di fantasia) per tutti i nostri 2.500 dipendenti. Un investimento importante, approvato con entusiasmo dal board. E sai qual è il tasso di adozione oggi?“
“Dimmi“, gli ho risposto, anche se immaginavo già la risposta.
“Praticamente zero. Il 3% dei dipendenti la usa regolarmente. Il resto? Ha fatto un paio di tentativi e poi è tornato alle vecchie abitudini.“
La storia di Mario e FuturoItaliano (adesso lo registro, giuro) non è un’eccezione. È la regola. E mi ha fatto pensare a questa frase che ho sentito qualche tempo fa in un convegno: “Quando abbiamo iniziato ad occuparci di AI, la tecnologia non era pronta per il momento. Ora è il momento che non è pronto per la tecnologia.“
Quanta verità signora mia! La tecnologia è qui, è potente, è pronta. Ma noi? Noi siamo ancora fermi al paradigma del “lascia che compri la licenza e poi vediamo“.
Un hardware di 70.000 anni fa
Ancora una volta vale la pena fare qualche parallelismo con il passato per provare a comprendere meglio la situazione.
La storia dell’umanità è una storia di superamento dei nostri limiti attraverso strumenti e tecnologie più o meno complessi.
Prima della scrittura, i poeti recitavano a memoria l’Iliade: 15.696 versi tramandati oralmente. Poi sono arrivati i libri e abbiamo scaricato quella memoria su carta. Con la calcolatrice abbiamo delegato i calcoli complessi e con excel siamo passati da “tenere i conti” ad essere analisti del dato. Con il GPS abbiamo smesso di memorizzare percorsi. Etc Etc Etc
Ogni volta che nel passato abbiamo “scaricato” cognitivamente qualcosa su uno strumento cosa è successo al nostro “essere umani”? Abbiamo liberato energia mentale per fare altro.
Ora, è vero che forse mai nella storia dell’umanità abbiamo avuto uno strumento potente come l’AI generativa, capace di assorbire così tante delle nostre funzioni cognitive. E però, di nuovo, partiamo dai limiti più evidenti che ha il nostro hardware, il nostro cervello che negli ultimi 70.000 anni non ha avuto upgrade significativi!
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Memoria di lavoro limitata (ecco svelato perché i numeri di telefono sono solo di 7 cifre!)
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Capacità di attenzione ridotta
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Tendenza a prendere scorciatoie decisionali
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Vulnerabilità alle distrazioni
L’AI non ha questi limiti. Non si stanca, non si distrae, non prende scorciatoie cognitive per risparmiare energia. Insomma, potrebbe essere il più grande potenziamento cognitivo mai offerto all’umanità.
Ma allora perché in FuturoItaliano (e in tantissime altre aziende) l’adozione è così bassa?
Adoption Vs Adaptation
Ecco il punto centrale: non puoi semplicemente “adottare” l’AI comprando tecnologia; devi adattarti e adattare l’organizzazione ad essa.
Il problema è che l’AI sfida convinzioni profondamente radicate sul lavoro e su ciò che dà valore al nostro contributo professionale. Ad esempio, molti di noi sono cresciuti con l’idea che il valore del nostro lavoro sia direttamente proporzionale al tempo e alla fatica che ci mettiamo. L’AI sfida questa convinzione. Ecco perchè spesso chi usa l’AI viene visto come uno che “fa il furbo” o cerca scorciatoie.
In FuturoItaliano, quando il mio amico ha chiesto a un manager perché non usasse l’AI per le presentazioni, gli è stato risposto: “perchè mi sentirei come se stessi barando“. Ecco, questo è il problema.
Pensare che usare l’AI sia “barare” è come pensare che usare excel sia barare rispetto a fare i calcoli a mano.
Quando un’azienda adotta l’AI senza adattarsi, sta essenzialmente dicendo: “Ecco un nuovo strumento, usatelo, ma continuate a fare esattamente quello che facevate prima.” È come dare a qualcuno una Ferrari e chiedergli di guidarla esattamente come guidava la sua Panda; non funziona ed è uno spreco.
Ma cosa comporta, in concreto, adottare l’AI in un contesto aziendale? Beh, in sintesi significa:
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ripensare i processi di lavoro;
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ridefinire cosa significa “valore” nel proprio ruolo;
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cambiare le abitudini quotidiane;
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affrontare apertamente le resistenze emotive e culturali.
Easy no? 😀
Impara a distinguere i manager dagli outsourcer
Ma non basta neanche questo. Le cose sono in realtà ancora più complesse perchè anche nelle aziende dove l’adoption è alta spesso la popolazione che usa l’AI è fatta più da persone che la usano come outsourcer e non da manager. Cosa significa?
Ad esempio gli outsourcer tagliano e incollano output dell’AI senza verificarli, prendono per oro colato ciò che l’AI propone, sembrano efficienti nel breve periodo, ma il loro valore diminuirà rapidamente.
Piuttosto che puntare ad un aumento percentuale di adoption di questo tipo dobbiamo tutti puntare a formare i futuri AI Manager, ovvero persone capaci di guidare l’AI come un partner. Pronti a mettersi al posto di guida decidendo la direzione, il ritmo, quando fermarsi utilizzando l’AI non per pensare meno, ma per pensare meglio e più in profondità.
Quando incontro aziende con problemi come quelli di FuturoItaliano il mio suggerimento è sempre lo stesso; smettete internamente di parlare di “adozione dell’AI” e iniziare a parlare di “leadership dell’AI“. Non abbiamo bisogno di fan della tecnologia, abbiamo bisogno di leader capaci di trasformare il potenziale in valore di lungo periodo.
Adoption di qualità, tramite adaptation
Ecco cosa ha funzionato per alcune aziende con cui stiamo lavorando (e potrebbe funzionare anche per FuturoItaliano, chissà):
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Affronta il tabù apertamente
Organizza una sessione in cui tutti possano esprimere le loro preoccupazioni sull’AI. “Usare l’AI è barare?” “Il mio lavoro è a rischio?” Metti tutto sul tavolo senza timore. -
Ridefinisci i KPI per includere l’AI
Se continui a misurare le persone come prima, continueranno a lavorare come prima. Definisci nuovi indicatori di performance che premino l’uso efficace dell’AI. Meno da outsourcer e più da manager. -
Crea “rituali AI”
In alcune aziende con le quali collaboriamo su queste tematiche abbiamo contribuito a lanciare “l’ora dell’AI” ogni venerdì; un momento fisso nella settimana in cui tutti passano un’ora a sperimentare con l’AI, senza giudizio e anzi con l’invito a sperimentare nuove soluzioni. -
Celebra le vittorie piccole, ma significative
Quando qualcuno trova un modo ingegnoso di usare l’AI per risolvere un problema, celebralo pubblicamente; trova modo per condividere questo e magari farlo diventare una best practice. -
Forma le persone a “gestire” l’AI, non solo a usarla
Insegna loro a validare gli output, a iterare con l’AI, a spingerla oltre le prime risposte superficiali. Non abbiamo bisogno di outsourcer (anzi, a dirla tutta questi son pure pericolosi) -
Crea una library di prompt aziendali
Rendi facile l’accesso a prompt testati e funzionanti per casi d’uso specifici della tua organizzazione nelle diverse aree di riferimento così da dare a tutti, anche ai nuovi assunti, un punto di riferimento consolidato e sicuro. -
Ripensa l’onboarding
I nuovi assunti, soprattutto i più giovani, si aspettano di usare i migliori strumenti AI. Assicurati che il processo di onboarding includa la formazione sull’AI. Facile previsione? Nei prossimi mesi questo sarà anche un ottimo strumento di retention per i talenti della tua azienda. -
Diventa un AI manager tu per primo
L’esempio viene dall’alto. Se i leader non usano l’AI, perché dovrebbero farlo i dipendenti? Trova il modo di far vedere che la sponsorship sulla tecnologia arriva dal vertice.
Negli ultimi 25 anni ho vissuto tre grandi rivoluzioni tecnologiche; il web, il cloud, il mobile.
Se c’è una cosa che ho imparato in questo viaggio è che il futuro non riguarda solo la tecnologia, ma come noi umani ci relazioniamo ad essa. Anche in questo caso, non si tratta di delegare il nostro pensiero alla novità del momento, all’AI, ma di usarla per pensare più in profondità, per vedere oltre i nostri punti ciechi, per diventare versioni migliori di noi stessi.
Dipende da noi. Dipende da te.
Sempre avanti, condannati all’ottimismo!
Giuseppe