Coltivare il successo (#78)


Qualche giorno fa mentre potavo i gelsomini sul balcone, #figlia2 mi ha guardato preoccupata chiedendomi “Bua?”, temendo che stessi facendo male alla pianta. Nel tentare di spiegarle che la potatura aiuta la pianta a crescere più forte, ho realizzato quanto questa scena riflettesse anche la mia evoluzione come professionista.

Agli inizi della mia carriera, mi comportavo per molti versi come un agricoltore industriale: ossessionato dal controllo, dalla standardizzazione e dalla prevedibilità. Credevo che il successo aziendale dipendesse dall’eliminare ogni variabile e prevenire ogni errore. Ma la realtà, la natura, mi hanno insegnato che questo approccio rigido non funziona nel lungo termine. Anzi!

Credo con gli anni di aver imparato che guidare un’organizzazione richieda per certi versi più la sensibilità di un giardiniere che l’autoritarismo di un capo. Come con i miei gelsomini, non si tratta di imporre una direzione o dare “lezioni”, ma piuttosto si tratta di creare le condizioni giuste per la crescita, accettando l’incertezza come parte naturale del processo.

Ma come si può guidare un’organizzazione in modo sano, non illudendosi di eliminare l’incertezza – che è inevitabile – ma imparando a gestirla? Essendo insomma più giardiniere e meno capo?

Ecco 5 lezioni che il giardinaggio sul balcone, condiviso con le mie figlie, mi hanno insegnato sul tema!

Lezione 1 – Preparare il terreno

Non è il momento giusto“, “Siamo troppo occupati per sperimentare“, “Non possiamo permetterci errori ora“. Quante volte ho sentito (e detto) queste frasi? È come dire che non è il momento giusto per preparare il terreno perché andiamo di fretta, dobbiamo piantare subito i semi. Assurdo. E il risultato? Dalla terra non esce nulla.

Qualche tempo fa, in una delle aziende in cui ho investito, ci siamo trovati bloccati su un progetto davvero importante che però sembrava non volerne sapere di andare a buon fine. Non trovando soluzioni con i metodi “tradizionali” abbiamo adottato un nuovo modello di gestione del progetto: il famigerato “Protocollo Terra Fertile“.

Di che si tratta? 3 semplici regole da seguire nel meeting di definizione del progetto, ma utili anche per gli aggiornamenti settimanali o nel day-by-day.

  1. La regola del “Si, e…”:

  • Niente “ma”, nel team, soprattutto nelle discussioni iniziali;

  • ogni critica deve essere accompagnata da una proposta costruttiva; se è solo critica, non serve;

  • celebrazione settimanale delle idee più folli (anche quelle irrealizzabili); settare l’asticella in alto è tanto importante quanto definire aspettative concrete.

  1. Il “Budget dell’Errore”:

  • 5% del budget di progetto allocato a pure sperimentazioni. E tu dirai, ma così ti mangi il margine! Al contrario; così investo nella crescita in termini di upselling per questo progetto, ma anche di sviluppo per i prossimi;

  • nessuna giustificazione richiesta per questi esperimenti: sono esperimenti, tanto basta;

  • Unico requisito: condividere gli apprendimenti con tutto il team.

  1. Le “Zone Franche”:

  • Spazi fisici e temporali dove le regole normali sono sospese;

  • riunioni mensili di “reverse mentoring” dove i junior insegnano ai senior;

  • “Fail Friday” dove condividiamo i nostri fallimenti della settimana.

I risultati? All’inizio caos totale (ho dovuto convincere il CFO che non ero impazzito, ma siamo soci, è stato facile). Ma dopo tre settimane il progetto finalmente ha preso la sua direzione e abbiamo visto nascere più innovazione nei due mesi seguenti che non nei due anni precedenti.

Lezione 2 – Seminare con metodo

Una delle prime volte che ho fatto vedere a #figlia2 come seminare nei vasi è stato abbastanza… complesso; voleva piantare tutti i semi che aveva trovato, tutti insieme, nello stesso vaso. La verità è che spesso facciamo la stessa cosa in azienda: lanciamo mille iniziative, senza un metodo, sperando che qualcuna attecchisca. Ecco, anche qui forse c’è modo migliore!

Fare innovazione, sopratutto in una startup, può essere molto complesso; un processo a supporto che a me sembra essere utile è il cosiddetto “Metodo 7-2-1” ovvero, dividere le iniziative aziendali in:

7 Micro-esperimenti:

  • Budget: limitato

  • Durata: 2 settimane

  • Obiettivo: testare rapidamente ipotesi base

2 Progetti Pilota:

  • Budget: medio

  • Durata: 1-2 mesi

  • Obiettivo: validare, con test o gruppi di utenti, le ipotesi più promettenti

1 Iniziativa Strategica:

  • Budget: alto

  • Durata: 3-6 mesi

  • Obiettivo: mettere a sistema la lezioni che arriva dal learning dei test precedenti e far scalare la soluzione.

Nelle realtà in cui abbiamo applicato questo approccio i risultati sono stati super interessanti e tra questi:

  • riduzione del rischio di fallimenti catastrofici (non metti mai tutte le tue risorse su una sola scommessa);

  • accelerazione del ciclo di apprendimento;

  • coinvolgimento di più persone nel processo.

Lezione 3 – Potare con saggezza

E qui torniamo da dove siamo partiti; potare, anche se può sembrare operazione “violenta” è in realtà un pre-requisito della crescita. Ma come si fa in un contesto aziendale a definire tra i progetti cosa è giusto tagliare e cosa invece, se tagliato, rischia di fermare il motore della crescita?

Qui può essere d’aiuto il “Framework delle 3D”, in inglese, Detect, Decide, Divert. Ovvero:

Detect (Individuare):

  • Fare un monitoring settimanale dei progetti;

  • sviluppare metriche chiare per ogni iniziativa;

  • mettere in piedi un sistema di early warning per problemi potenziali.

Decide (Decidere):

  • Definire criteri oggettivi per la valutazione dei progetti;

  • stabilire un processo di escalation definito all’interno;

  • coinvolgere il team nella decisione e nelle linee guida che hanno portato a prenderla.

Divert (Reindirizzare):

  • A partire dai punti precedenti, piano di riallocazione risorse;

  • capitalizzazione degli apprendimenti

  • celebrazione del “fallimento intelligente”

Come con i miei gelsomini, il punto non è tanto cosa tagli, ma come lo fai!

Lezione 4 – Nutrire la crescita

Oggi sui miei balconi ho un bel sistema di irrigazione che nel tempo ho imparato ad ottimizzare per far in modo tale che l’acqua raggiunga le radici nel modo corretto. Ma quante volte invece in azienda le nostre iniziative di sviluppo non “raggiungono le radici” e si disperdono? Ecco perchè è fondamentale mettere in piedi un “Sistema di Nutrimento Continuo” che lavori un pò come il mio sistema di irrigazione sui balconi e garantisca che il giusto nutrimento e i giusti stimoli arrivino in ogni parte dell’azienda. Come?

  1. Nutrienti base (per tutti):

  • 10% del tempo lavorativo per sperimentazione libera;

  • accesso a risorse di apprendimento centralizzate, ma di libero utilizzo;

  • mentorship cross-funzionale.

  1. Fertilizzanti specifici (per progetti innovativi):

  • Budget dedicato alla prototipazione;

  • accesso diretto al management;

  • protezione da burocrazia interna.

  1. Cure intensive (per momenti critici):

  • Task force di supporto rapido;

  • consulenza esterna on-demand;

  • Budget di emergenza per scalare, caso positivo, o stoppare tutto nel caso in cui l’esperimento non produca risultati sperati.

Un sistema simile non è solo fondamentale per la crescita, ma è anche prerequisito per garantirci la possibilità di prevedere i possibili rischi ed i cali di performance del nostro team.

Lezione 5 – Il tempo come alleato

I gelsomini dei miei balconi non sono sempre stati così; ricordo che il primo anno in questa nuova casa da questo punto di vista fu un vero disastro con piante secche, impianto che perdeva acqua etc. La differenza con quello che abbiamo oggi è incredibile.

Spesso in azienda pretendiamo risultati immediati dalla trasformazione culturale o dai processi di innovazione. Forse allora dovremo recuperare uno strumento antico, come il “Calendario del Giardiniere” non solo per settare correttamente le aspettative, ma anche per valorizzare il nostro lavoro.

Nel contesto ad esempio di una startup o di una nuova azienda in cui stiamo entrando a lavorare per la prima volta, questo calendario potrebbe essere particolarmente utile per guidare l’omboarding, ma anche la crescita e l’innovazione.

Mese 1: Preparazione

  • Analisi del “terreno” organizzativo;

  • identificazione resistenze;

  • Piccoli esperimenti pilota per valutare la capacità dell’azienda di rispondere.

Mese 2: Semina

  • Lancio iniziative strutturate;

  • creazione champions/ambassador network;

  • Prime celebrazioni successi.

Mese 3: Prima fioritura

  • Scaling iniziative di successo;

  • misurazione impatto;

  • codifica best practices.

Forse la più grande lezione che ho appreso con i miei gelsomini è che la pazienza non è passività. È gestione strategica del tempo.

Le piante crescono anche quando non le guardiamo e come professionisti, come leader, la nostra sfida più grande è proprio questa: creare le condizioni per la crescita e poi… fidarci del processo.

E questo perchè il ruolo di chi guida una azienda o un’organizzazione non può essere quello di forzare la crescita, ma piuttosto quello di creare l’ambiente giusto perché questa crescita accada, naturalmente.

Sempre avanti, condannati all’ottimismo!

Giuseppe