Molto è cambiato negli ultimi 20 anni dal 4.02.2004, il giorno in cui Facebook è nato; l’idea che la tecnologia potesse cambiare, per il meglio, il mondo non ha avuto grande fortuna, questa volta.
Il 4 febbraio del 2004 viene lanciato online TheFacebook, un social media (anche se li abbiamo chiamati così qualche tempo dopo) pensato per connettere gli studenti di Harvard tra loro. Già il giorno dopo, oltre mille persone si erano registrate, e quello era solo l’inizio. Oggi, Facebook è una delle aziende più importanti al mondo, con più di 3 miliardi di utenti attivi ogni mese.
Cosa è successo in questi 20 anni?
E cosa aspettarsi dai prossimi 20?
Gli inizi
Dopo Harvard altre università si “attaccarono” al sito che nel mentre aveva cambiato il suo nome in “Facebook” e, lo ricordo ancora, il 7 Luglio del 2007 anche io mi sono iscritto. Con una certa emozione devo dire; finalmente avevamo uno strumento con cui parlare in tempo reale con chiunque in ogni parte del mondo, superando i limiti dei Blog e la necessità di saper scrivere codice.
Ognuno aveva i suoi 100 caratteri di notorietà, ma la vera diffusione ed adozione di Facebook è iniziata con il rilascio di una funzionalità piccola, apparentemente, ma super rilevante.
La possibilità di “taggare” i tuoi amici o le pagine dei tuoi brand preferiti nelle tue foto; anche chi NON era in Facebook in questo modo riceveva una mail con invito ad iscriversi e, in poco tempo, la piattaforma ha letteralmente preso il volo in termini di numero di utenti e tempo speso.
Sembrava l’inizio di qualcosa di nuovo, di più aperto, democratico e capace davvero di cambiare il mondo.
Grandi speranze
C’è stato un momento in cui abbiamo tutti un pò creduto e sperato che Facebook e gli altri social media potessero realmente fare la differenza permettendo a chiunque di esprimere le proprie opinioni, dare voce ai senza voce, e coinvolgere le masse dal basso in un nuovo discorso politico rivoluzionario. Serendipity, la parola magica!
La Primavera Araba, all’inizio del 2010, è stata una serie di proteste, rivolte e ribellioni anti-governative che si sono diffuse in gran parte del mondo arabo. Tutto ha avuto inizio in Tunisia in risposta alla corruzione e alla stagnazione economica e gli event si sono poi diffusi in altri cinque paesi: Libia, Egitto, Yemen, Siria e Bahrain
Facebook e altri social media hanno avuto un ruolo fondamentale nell’organizzazione e nella divulgazione di questi eventi. In questi paesi, dove non esisteva (non esiste?) la libertà di parola e i giornali erano di proprietà dello stato, i social media hanno sorpreso l’establishment, ed hanno fornito un mezzo per far sentire la voce delle persone e per evidenziare le proteste in corso
Questi social media sono stati utilizzati come strumenti di organizzazione, di connessione tra le persone e di pubblicizzazione delle manifestazioni nelle piazze.
Tutto perfetto insomma.
La delusione
E invece no, è andata a finire come sempre: il potere, una volta assorbito il colpo, tende a concentrarsi. Queste piattaforme, che all’inizio sembravano democratiche, in realtà sono diventate delle camere d’eco per i soliti noti. Politici e corporation hanno imparato a sfruttarne gli algoritmi, mentre il grande pubblico è stato intrappolato in filter bubble che ne manipolano le idee.
I signori di Silicon Valley, cone Zuckerberg, ci avevano venduto l’idea di una piazza globale dove far fiorire le nostre idee. Invece hanno creato dei giardini recintati digitali dove spillano i nostri dati per arricchirsi. Non gliene importa nulla della democrazia, badano solo al proprio tornaconto! E’ un fatto.
Insomma sembra davvero che questi social non abbiano portato maggiore libertà di parola, ma solo nuove forme di controllo camuffate da innovazione.
L’utopia tecnologica si è infranta contro gli scogli del capitalismo della sorveglianza. Sognavamo un nuovo illuminismo digitale, ci siamo ritrovati in una nuova era oscurantista di fake news e polarizzazione.
Ma aspetta, se possibile c’è di peggio.
“Would you like now to apologize?”
Il 31 Gennaio di quest’anno, Zuckerberg e altri CEO dei principali social media sono stati chiamati a riferire ai senatori americani sui rischi ed i potenziali danni che i loro prodotti e servizi possono causare sui più giovani giovani.
Un senatore in particolare ha chiesto proprio a Zuckerberg di alzarsi e chiedere scusa ai familiari di chi ha perso la vita per colpa dei social media; giovani ragazzi e ragazze che sono diventati vittime di un algoritmo che li vuole perfetti, senza difetti, sempre online e connessi. E’ la Pandemia Silenziosa, di cui abbiamo parlato qualche tempo fa.
L’immagine di questo giovane uomo in piedi, che cerca di trovare le parole per affrontare il dolore di quelle famiglie è … potente.
Tanto potente quanto assurdo è ascoltare gli appelli degli influencer nostrani, novelli Masaniello, che usano i social media come arma di distrazione di massa. E non hanno neanche il pudore (o l’intelligenza) di capire che parlare di salute mentale sui social è un discreto controsenso e che le leve che usano per far soldi (a volte anche illegalmente pare) sono le medesime alla base dei danni che queste piattaforme (e loro stessi) hanno contribuito a generare nelle menti delle persone più deboli.
Sarebbe ora che qualcuno, anche in Italia, prendesse questo discorso sul serio; “you have blood in your hands”!
E i prossimi 20 anni …
L’introduzione di nuove tecnologie come l’intelligenza artificiale e la realtà aumentata presenta ulteriori sfide etiche e normative. Facebook nel mentre ha cambiato il suo nome in Meta e spinge verso la diffusione delle tecnologie legate al Metaverso, ma molti si chiedono come questo influenzerà la nostra percezione della realtà e la nostra interazione sociale.
Il futuro dei social media e di Facebook in particolare sembra sempre di più un campo minato di opportunità e rischi. Da un lato, l’innovazione tecnologica potrebbe portare a nuovi modi di connettersi e interagire. Dall’altro, persistono le preoccupazioni riguardo l’impatto sociale, la privacy e la sicurezza dei dati.
Per Zuckerberg e altri leader del settore, la sfida sarà bilanciare l’innovazione con la responsabilità sociale. Sarà essenziale trovare un equilibrio tra l’espansione delle capacità tecnologiche e il mantenimento di un ambiente online sicuro e rispettoso per tutti gli utenti.
Mentre guardo indietro ai 20 anni di Facebook, è chiaro che, come poche altre tecnologie prima, questa piattaforma ha cambiato il mondo in modi che credo non avremmo mai potuto immaginare.
Guardando avanti, la sua evoluzione continuerà a plasmare il nostro modo di comunicare, interagire e persino percepire la realtà. La domanda più grande rimane: sarà in grado di adattarsi alle crescenti richieste di un ambiente digitale più etico e responsabile?
Per il momento io mi accontenterei di ricevere almeno delle scuse.
Sempre avanti, condannati all’ottimismo!
Giuseppe