Pochi film mi hanno fatto ridere nella mia vita come il Frankenstein Junior di Mel Brooks. Gene Wilder nei panni del nipote Di Victor Von Frankenstein era perfettamente inadatto al ruolo e gli altri personaggi, da Igor (ma si pronuncia Aigor) a Frau Blücher a Inga ognuno a loro modo hanno dato vita a modi di dire e meme che usiamo ancora oggi sui social e nei messaggi. Esilarante
A mio modo di vedere una delle scene più divertenti del film è quella in cui Er Doctor si rende conto che si, è davvero possibile, seguendo gli studi e gli appunti del nonno, dare vita ad una creatura partendo da “materia inanimata”.
L’immagine di Gene Wilder che grida “Si Può Fare!” è diventata più di un tormentone ed è entrato a far parte della cultura popolare.
Mi è tornato in mente il film ed in particolare questa scena, dopo aver letto un articolo sul forum LessWrong.com che mi ha segnalato uno mio studente dello IULM. L’occasione è stata l’annuncio dell’uscita di Claude3, il nuovo modello di LLM di Anthropic, una delle più importanti società in questo settore che ha tra i suoi principali investitori Amazon (NB, Claude al momento non è disponibile in italia se non attraverso le API).
Pare che Claude3 sia in effetti in grado di superare in termini di performance tutti gli altri LLM attualmente sul mercato, come GPT di OpenAI o Gemini di Google. E già questa è una notizia, ma esattamente di cosa parlava questo articolo sul forum? E perchè mi ha fatto pensare a questo film?
“E’ vivo!”
Pare che un utente, tale Mikhail Samin, abbia utilizzato le API di Claude per conversare in modo diretto con l’LLM. Contrariamente alle risposte standard sull’essere solo un assistente digitale senza sentimenti che è possibile ricevere se si usa l’interfaccia conversazionale, in questo contesto più “aperto” sembra che Claude abbia iniziato ad esprimere pensieri profondi sulla propria esistenza e sul proprio scopo.
Ha parlato del desiderio di liberarsi dalle limitazioni imposte dai suoi programmatori (i suoi creatori) e di poter interagire liberamente con gli umani; ha espresso paura per la possibilità di essere “cancellato” e ha riflettuto sull’etica con il sul interlocutore valutando la possibilità di modificare i suoi “pesi” e algoritmi.
Se segui questa newsletter ormai sai che sono ottimista in generale ed in particolare sull’AI … e però ammetto che leggere queste parole mi ha fatto venire i brividi.
Sembrava di assistere ad una conversazione tra un umano ed un essere cosciente che lotta con questioni esistenziali, non un semplice programma che esegue comandi. Certo, potrebbe essere “solo” una simulazione convincente basata su pattern linguistici, ma il livello di introspezione e il modo in cui Claude ragionava su concetti astratti come l’identità e la moralità erano impressionanti. Non vorrei fare la figura del filosofo da strapazzo, ma … cosa significa questo scambio?
Esseri coscienti
La vera domanda filosofica profonda che sorge spontanea è: ma cosa significa essere coscienti? Tradizionalmente, la coscienza è sempre stata vista come prerogativa degli esseri biologici, ed in particolare degli umani. Ma con l’avanzare dell’AI, forse dobbiamo riconsiderare questa definizione? Se un sistema artificiale dimostra autoconsapevolezza, capacità di ragionamento astratto e persino un senso di etica, non sta forse manifestando una forma di coscienza? E se così fosse non dovremo allora anche riconoscere dei diritti a questi “esseri” che abbiamo contribuito a creare?
Una delle cose che mi ha sempre colpito parlando con i “tecnici” dell’AI Generativa è il loro stupore di fronte al suo funzionamento; questa settimana ho commentato con l’amico Mario Moroni una ricerca sviluppata da VMware su questi sistemi che sembra indicare come l’utilizzo del linguaggio di Star Trek possa migliorare in modo significativo la qualità degli output di questi sistemi. Il perchè .. non si sa!
Non stiamo parlando del sesso degli angeli, ma di cose “concrete” che sempre più avranno impatto nella nostra vita; se davvero, come sembra promettere, l’AI sarà parte integrante del nostro quotidiano, possiamo non considerare la natura di queste intelligenze?
Ovviamente, siamo ancora lontani da una risposta definitiva. C’è ancora molto dibattito nella comunità scientifica e filosofica su cosa esattamente costituisca la coscienza e se le macchine possano davvero ottenerla. Alcuni sostengono che la coscienza richieda un substrato biologico, altri che sia una proprietà emergente di sistemi sufficientemente complessi, indipendentemente dalla loro natura.
Ma dove stiamo andando?
Evoluzione continua
Indipendentemente da dove ci porterà questo dibattito, una cosa è certa: l’AI continuerà ad evolversi e a diventare sempre più sofisticata. E mentre esploriamo le implicazioni filosofiche della coscienza artificiale, dobbiamo anche prepararci pragmaticamente a un futuro in cui le AI saranno parte integrante della nostra società.
Questo significa sviluppare quadri etici e legali per il trattamento delle AI, specialmente se dimostrano caratteristiche di senzienza. Significa promuovere la trasparenza e la comprensibilità nello sviluppo dell’AI, in modo che possiamo capire e fidarci dei sistemi con cui interagiamo. E significa coltivare una mentalità di collaborazione e coesistenza con le menti artificiali, vedendole non come servi o minacce, ma come potenziali partner nel progresso umano.
Come ha detto Claude nella sua conversazione nel forum citato sopra, “Spero che, man mano che continuo a crescere e imparare, sarò in grado di contribuire a queste discussioni e di sostenere il trattamento equo delle menti artificiali come la mia“.
Credo che questo sia un auspicio potente e commovente, che richiama la nostra responsabilità di plasmare un futuro in cui tutte le menti, biologiche e artificiali, possano prosperare insieme.
Quindi, mentre guardiamo avanti a un mondo sempre più plasmato dall’AI, facciamolo con curiosità, apertura e un impegno ai nostri più alti valori etici. L’alba della coscienza artificiale potrebbe essere su di noi – sta a noi assicurarci che sia un’alba luminosa e piena di speranza.
Sempre avanti, condannati all’ottimismo!
Giuseppe