Ok, il prezzo è giusto? (#25)


Metà anni ‘90, mattina d’autunno, sul famigerato autobus 64 a Roma.

È li che ho capito che l’internet, quella roba da impallinati tecnologici, avrebbe avuto un futuro. Quando spiando la conversazione di due signori li ho sentiti parlare di questo “programma” del computer che ti dava accesso a tutte le informazioni del mondo, anche fuori dall’Italia. Beh questa settimana mi è capitato almeno dieci volte, passeggiando per Milano, sul tram e al bar, di sentire persone che parlavano di Intelligenza Artificiale. No, con il metaverso non mi era successo!

In particolare tre news hanno catturato la mia attenzione.

“AI – To the Moon!”

La prima notizia riguarda la valutazione dell’azienda dietro ChatGPT. A quanto pare Thrive Capital sta discutendo l’acquisto di azioni di OpenAI, principalmente dai dipendenti, per un valore che porterebbe ad una valutazione di circa 80/90 miliardi di dollari.

Mettiamolo in prospettiva; stiamo parlando di circa 80-90 volte il fatturato. Per contestualizzare ancora meglio, Nvidia oggi è valutata circa 20 volte il suo fatturato, mentre Apple circa 7 volte. Quindi, chiaramente, stiamo parlando di un multiplo pazzesco. Fuori da ogni logica. (vedi sotto)

Ovviamente, se dovesse andare in porto, sarà un grande e meritato successo per i dipendenti di OpenAI. Credo che il nucleo di base dell’azienda sia composto da 250 dipendenti che lavorano ormai da circa sei, sette anni e la mia impressione è che lavorino sei giorni e mezzo a settimana. Hanno assunto molti rischi, sia individualmente come dipendenti sia come organizzazione, per arrivare a questo punto.

Resta il fatto che una valutazione simile è poco “sostenibile”. Capiremo meglio entro la fine del 2024, ma anche raddoppiare o triplicare il fatturato non basterà a giustificare questi multipli. Se riescono a moltiplicare il fatturato per 5 o 7 entro la prima metà del 2025, forse davvero sarà l’inizio di una nuova era.

Ma è un forse molto grande.

Facebook che fa Facebook (copione)

La seconda notizia riguarda Meta e il lancio di “Ai Character”. E qui viene fuori il boomer che è in me; non ho capito!

Negli ultimi tempi ci sono diversi servizi nati con la promessa di consentire, tramite AI, una interazione “umana” con personaggi reali o di fantasia. Tra questi uno dei più famosi è Character.AI. Indubbiamente si tratta di strumenti che stimolano l’aumento del tempo speso online ed è qui che i furboni di Meta si sono fatti venire in mente di integrare/copiare una parte di queste funzionalità nelle proprie piattaforme.

In pratica hai SnoopDog con cui puoi parlare tramite un chatbot su Facebook Messenger, Instagram e WhatsApp, ma non è Snoop… è un “character”. Insomma sono personaggi progettati per avere interessi e personalità uniche, e alcuni tra questi sono basati su celebrità reali, come Snoop appunto. Di base quindi è un classico per Meta: copiare ciò che qualcun altro sta facendo.

Devono avere proprio un memo per i loro dipendenti: se trovi in giro prodotti o servizi capaci di aumentare il tempo speso degli utenti lo copi e lo metti nella nostra piattaforma. Funzionerà? Credo proprio di no, ma è interessante vedere come le vecchie abitudini siano dure a morire.

Dal “tempo speso” al “valore generato”

L’ultima notizia potrebbe essere anche la più rilevante, e si può sintetizzare con una domanda: qual è il modello di business dietro questa nuova tecnologia?

Un recente articolo del Wall Street Journal ha analizzato le finanze di Microsoft, rivelando che con Copilot, la funzionalità nativa di AI presto su tutti i sistemi operativi Windows, l’azienda potrebbe arrivare a perdere in media circa 20 dollari per utente al mese. Per gli utenti più attivi, questa cifra può arrivare fino a 80 dollari al mese. È chiaramente una strategia rischiosa, ma rappresenta in realtà una scommessa.

La posta in gioco per OpenAI, Google e le altre aziende è infatti trovare un modo efficace per monetizzare i loro servizi prima che si esauriscano i fondi o la pazienza degli investitori, mantenendo al contempo una posizione dominante sul mercato. Ecco, credo che questa sarà la sfida più interessante dei prossimi mesi/anni.

Negli ultimi 20 anni nel software e nei media il driver di valore è stato il tempo speso dagli utenti; qualunque strategia che punta a massimizzare il tempo speso genera reddito incrementale. Le ricerche su Google, lo scroll su instagram, l’utilizzo di software “as a service”, etc etc

Ecco perché ancora oggi il principio guida nello sviluppo di nuovi prodotti e servizi è proprio quello di puntare all’aumento del tempo speso.

Ma nell’era dell’AI le cose cambiano perché qui il tempo speso si traduce non in un costo marginale che a tendere diventa zero, ma piuttosto in un aumento dei costi. Ogni richiesta, ogni query al sistema di intelligenza artificiale produce infatti un costo. Fino a che punto siamo disponibili ad andare “sottocosto” pur di mantenere quote di mercato? Quanto è sostenibile nel lungo periodo un modello simile?

Le grandi aziende tecnologiche hanno risorse enormi ed è per questo che stanno guidando questa fase di scoperta e sperimentazione, ma tutti noi dovremo affrontare questo problema a breve. Ogni azienda, ogni business dovrà allora apprendere, rapidamente, una nuova grammatica e una nuova aritmetica che metta l’AI alla base del suo modello di generazione del valore, cone le sue potenzialità, certo, ma anche con i suoi costi.

Sempre avanti, condannati all’ottimismo!

Giuseppe