Quando il caos diventa strategia (#92)


SONG OF THE WEEK: All Things Must Pass (George Harrison)

Mi sono sempre chiesto cosa potesse significare davvero l’espressione “il caos è una scala” di Game of Thrones.

In questi giorni però ho avuto un’illuminazione: non è solo una bella frase ad effetto, è esattamente quello che sta accadendo sotto i nostri occhi in Italia e nel mondo (ok, particolarmente negli Stati Uniti).

[SPOILER] Ok, questa è una newsletter “politica”; la prima. Ci sono volute 92 settimane, un Trump rieletto Presidente e le continue notizie di migranti che fanno avanti e indietro dall’Italia all’Albania … ma tant’è!

Certo è che guardando i telegiornali, leggendo i giornali, ma anche solo scorrendo TikTok mi pare evidente che viviamo in un’epoca di caos programmato. Non un caos spontaneo, frutto di eventi imprevedibili, ma un caos costruito, voluto e alimentato per scopi strategici.

Questa strategia ha un obiettivo preciso: destabilizzare il sistema, mettere in discussione le istituzioni, spostare il potere nelle mani di chi sa meglio manipolare la confusione.

Ma andiamo con ordine!

L’arte del rumore bianco

Ricordo quando da piccolo mio padre, che era un appassionato di hi-fi, mi spiegava cosa fosse il “rumore bianco“. Un suono costante che finisce per coprire tutti gli altri suoni, rendendoli indistinguibili. Ecco, quello che sta succedendo in questi giorni mi ricorda molto quel concetto.

Ogni giorno c’è una nuova emergenza, una nuova crisi, un nuovo nemico da combattere. È come se fossimo in un gigantesco flipper dove le palline rimbalzano da tutte le parti e noi, poveri giocatori, non sappiamo più dove guardare. Un giorno si parla di guerra commerciale e dazi, il giorno dopo è le politiche di diversity & inclusion vengono accusate di aver causato un incidente aereo, etc etc

E mentre siamo tutti distratti a cercare di capire quale di queste crisi meriti la nostra attenzione, qualcosa di molto più profondo sta accadendo; prender forma un generale senso di incertezza permanente. Il messaggio implicito è chiaro: non esistono più regole, solo la volontà del leader e della sua cerchia ristretta.

Questa strategia del caos funziona perché spiazza, disorienta, e paralizza la risposta degli avversari politici e istituzionali. Le decisioni vengono annunciate e poi ritirate, riproposte sotto una nuova forma, mentre gli analisti cercano di trovare un filo logico che semplicemente non esiste. Questo crea una sorta di stanchezza collettiva: l’opinione pubblica si abitua all’instabilità, le istituzioni si trovano sempre più in difficoltà nel contrastare le derive autoritarie, e chi detiene il potere, è quello l’obiettivo, rafforza la propria posizione.

Autoalimentante

Il caos si nutre di polarizzazione, di estremismi che si rafforzano a vicenda, eliminando ogni possibilità di compromesso. Nel contesto attuale, chi cerca di proporre una terza via, chi cerca di mantenere un equilibrio tra diritti e doveri, tra stato e mercato, tra sicurezza e accoglienza, viene sistematicamente delegittimato.

Essere moderati oggi significa essere attaccati da entrambi i lati dello spettro politico. I progressisti li accusano di non essere abbastanza radicali nel contrastare le derive autoritarie, mentre i conservatori li vedono come traditori incapaci di difendere i valori tradizionali. Questo lascia spazio solo a due narrazioni estreme: o sei con noi, o sei contro di noi.

Chiaramente questa strategia del caos non si limita alla politica, ma si estende all’economia e alla società. La stessa scelta di Trump citata prima di annunciare un aumento dei dazi sulle importazioni (salvo poi rimangiarselo) non ha chiaramente una vera logica economica.

Colpisce indiscriminatamente settori produttivi cruciali e alimenta un clima di sfiducia tra le aziende. Quindi nessuna logica, ma ha un obiettivo preciso: rafforzare la percezione di un mondo ostile, dove il paese è circondato da nemici e dove solo il governo (eletto dal popolo) può proteggere i cittadini.

L’effetto è devastante perchè il malcontento cresce, ma invece di indirizzarsi verso chi prende queste decisioni, viene incanalato verso nemici costruiti ad arte: gli immigrati, i lavoratori pubblici, le istituzioni internazionali, la “burocrazia“.

Controllo

Un altro pilastro fondamentale di questo sistema è che il caos si diffonde con il controllo e la manipolazione dell’informazione. In Italia in questi ultimi mesi abbiamo assistito alla nascita di TeleMeloni, ma anche a “bugie” istituzionalizzate come l’annuncio dell’avviso di garanzia “fantasma” in diretta streaming. Ma anche qui gli Stati Uniti sono decisamente più avanti: migliaia di pagine web governative cancellate in un colpo dopo l’insediamento di Trump. Un chiaro segnale di come il potere voglia riscrivere la realtà a proprio vantaggio. Si cancella il passato per riscrivere il presente.

I dati sui cambiamenti climatici spariscono, le informazioni sulle disuguaglianze economiche vengono rimosse e nel frattempo, le piattaforme digitali, sempre più influenzate dal potere economico e politico, danno più visibilità a narrazioni alternative e complottiste.

Proprio l’intreccio tra politica e grandi aziende tecnologiche è un altro elemento chiave di questa fase storica; Elon Musk, ad esempio, ha giocato un ruolo attivo nell’architettura del caos, non solo con le sue dichiarazioni pubbliche, ma anche con azioni concrete che vanno a influenzare direttamente le politiche economiche e sociali del governo. Il suo controllo su infrastrutture critiche della comunicazione e della mobilità lo rende un attore politico di fatto, senza alcuna legittimazione democratica.

Come forse direbbe Barbero ad ogni epoca storica corrispondono diversi nemici per quella che noi chiamiamo democrazia; ecco, qui non ci sono dittatori o colpi di stato, ma la democrazia sembra comunque sotto attacco, svuotata dall’interno, privatizzata pezzo dopo pezzo fino a diventare un guscio vuoto.

Quindi? Tutto perduto?!

Resistenza

Davanti a questa deriva, la risposta non può essere la semplice indignazione. Il caos si combatte con la chiarezza, con l’organizzazione, con una strategia di lungo termine.

Con la Resistenza! E ricordando che la democrazia non è un dato di fatto, ma è un esercizio quotidiano. Ecco una possibile linea guida.

  1. Ricomporre il fronte moderato: serve una nuova generazione di leader capaci di parlare alla maggioranza silenziosa, quella che non si riconosce negli estremismi. Forse qui l’aspetto negativo è che all’orizzonte di questi leader non se ne vede l’ombra… ma diciamolo con le parole del marketing. Qui c’è una vera “Big opportunity”!

  2. Rivendicare il valore della competenza: in un’epoca in cui l’ignoranza viene glorificata, la conoscenza e l’esperienza devono tornare ad essere valori centrali. Investire in formazione e in competenze è un mantra sul quale dobbiamo concentrarci.

  3. Creare una nuova narrazione economica: non basta dire che il caos fa male, bisogna dimostrare che esistono alternative concrete per uno sviluppo sostenibile ed equo. Su questo dobbiamo tutti lavorare

  4. Investire nella cultura e nell’informazione: senza una popolazione informata e critica, ogni resistenza è destinata a fallire.

Questo è quello che possiamo fare; resistere al caos e ricordare che, come diceva qualcuno molto più saggio di me, il caos non è un pozzo. Il caos è una scala. E in questo momento, qualcuno sta usando quella scala per scalare il concetto stesso di democrazia.

Ma forse, solo forse, quando il prezzo di questa scalata diventerà evidente – nei portafogli, nella qualità della vita, nella dignità delle persone – il pendolo comincerà a muoversi nella direzione opposta.

Nel frattempo, come sempre…

Sempre avanti, condannati all’ottimismo!

Giuseppe