AI: il nuovo CEO in azienda? (#57)


Ce lo dicono e ce lo diciamo ogni giorno: viviamo nell’era della complessità. Un’era in cui il caos è la norma, l’incertezza è l’unica certezza e il cambiamento è l’unica costante. In questo contesto, una leadership forte non è più un optional, è una questione di sopravvivenza. Le aziende hanno disperatamente bisogno di leader che sappiano navigare in queste acque infide, prendere decisioni coraggiose e guidare i loro team attraverso la tempesta. Ma oggi, quali sono le competenze di cui un leader ha davvero bisogno?

Una nuova sfida

Pensateci: per decenni, il lavoro di un leader è stato quello di prendere decisioni e per farlo era necessario analizzare dati, valutare opzioni, definire possibili scenari alternativi e scegliere la strada migliore. Ma ora abbiamo algoritmi che possono fare queste cose in una frazione del tempo e con una precisione che noi umani possiamo solo sognare. Quindi, cosa succede al ruolo del leader quando le macchine possono prendere decisioni migliori e più veloci di noi?

E, attenzione, non è solo questione di decision-making. L’AI può supportare o addirittura sostituire i leader in compiti come la pianificazione strategica, l’assegnazione delle risorse o la valutazione delle performance e molto altro. Questo può far sentire alcuni leader “superflui” o meno rilevanti. Come non bastasse l’adozione dell’AI richiede ai leader di sviluppare nuove competenze tecniche e di abbracciare un mindset più data-driven e sperimentale. Non tutti sono pronti o disposti a fare questo salto. Eh si, in questo momento sto pensando al CEO di quella azienda che ancora oggi si fa stampare le mail prima di valutare se e come rispondere… ma non farò nomi.

Riscoprire il lato umano

D’altra parte però, l’AI offre ai leader l’opportunità di liberarsi dai compiti più ripetitivi e a basso valore aggiunto, permettendo loro di concentrarsi su ciò che conta davvero: la visione, l’ispirazione, l’empowerment del loro team. In altre parole, l’AI può rendere i leader più “umani”, più empatici, più focalizzati sulle relazioni e sulla crescita delle persone.

Insomma una nuova tecnologia che può diventare un potente alleato dei leader non solo aumentandone la produttività, ma anche e forse soprattutto nel supportarlo e liberarlo per permettergli di concentrarsi sulle cose che sono realmente importanti e cruciali. Un esempio?

La diversità e l’inclusione: oggi creare ambienti di lavoro diversificati e inclusivi non è solo una questione etica, ma una necessità strategica. E indovinate un po’? L’AI può essere il nostro alleato anche in questa missione.

Può aiutarci ad esempio a eliminare i pregiudizi inconsci che spesso inquinano i processi di assunzione, promozione e valutazione. Algoritmi ben progettati possono garantire che le decisioni si basino su dati oggettivi e metriche di performance, piuttosto che su stereotipi o preferenze personali. Questo non solo crea pari opportunità per tutti, ma ci permette anche di attingere a un pool di talenti più ampio e diversificato.

Ciò significa anche investire nell’upskilling e nel reskilling dei nostri dipendenti. Con l’AI che rende obsolete alcune competenze, abbiamo la responsabilità di aiutare la nostra gente ad acquisire le skills necessarie per prosperare in questa nuova era. Che si tratti di competenze tecniche o di soft skills, dobbiamo offrire opportunità di apprendimento per tutti con piani personalizzati. I leader delle nostre aziende sono pronti?

Allenarsi al futuro!

Alla fine, il vero cambiamento non può che iniziare dai leader stessi. E’ indubbio! Nell’era dell’AI, i leader di successo saranno quelli capaci di abbracciare il cambiamento, sfidare lo status quo e mettere le proprie persone al centro. Come?

Ecco 5 spunti concreti per navigare in questo nuovo territorio:

  1. Abbracciare l’apprendimento continuo
    L’apprendimento continuo non è più un optional, è un imperativo. I leader devono dare l’esempio, dedicando tempo all’aggiornamento delle proprie competenze e conoscenze sull’AI. Incoraggiare la propria squadra a fare lo stesso, offrendo opportunità di formazione e sviluppo, è altrettanto cruciale.

  2. Sperimentare con l’AI
    L’AI non è qualcosa da temere, ma uno strumento con cui sperimentare. Iniziare con piccoli progetti pilota, testare diversi algoritmi, valutare i risultati e iterare. L’obiettivo è l’apprendimento attraverso la pratica.

  3. Mettere l’etica al centro
    I leader hanno la responsabilità di assicurarsi che l’AI sia utilizzata in modo equo, trasparente e responsabile. Sviluppare linee guida etiche chiare, assicurarsi che gli algoritmi siano privi di bias e essere sempre pronti a rispondere delle conseguenze delle decisioni basate sull’AI.

  4. Supportare le persone
    Lo ripetiamo ormai tutti: l’AI non sostituisce gli umani, ma li potenzia. Ma cosa significa per un leader? Significa aiutare il proprio team a lavorare in sinergia con l’AI, fornendo formazione e supporto, ridisegnando ruoli e processi, e creando una cultura in cui l’AI è vista come un collaboratore.

  5. Guardare al quadro generale
    L’AI non è un fine a sé stessa, ma un mezzo per raggiungere obiettivi organizzativi e creare valore. I leader devono sempre tenere d’occhio il proprio scopo ultimo e valutare come l’AI può aiutare a servire meglio i clienti, attrarre talenti e diventare più agili e innovativi.

In definitiva, anche nell’era dell’AI, la vera leadership non riguarda la tecnologia, ma la visione, il coraggio e la cura per le persone. I leader devono tornare a coltivare queste qualità umane, utilizzando l’AI per aumentare la propria produttività e dedicare il tempo guadagnato per ispirare, responsabilizzare e far crescere il proprio team.

L’opportunità è davanti a noi e sarebbe davvero un peccato non volerla cogliere.

Sempre avanti, condannati all’ottimismo!

Giuseppe