Condannati all'ottimismo (#17)


Come sono passato da essere “agonia” ad inguaribile ottimista grazie al potere del “non ancora”.

Questa newsletter è la numero #17 e parla di… questa newsletter. Ma più precisamente, della firma che chiude ogni singolo numero:

“Sempre avanti, condannati all’ottimismo!”

Che vuol dire? Vuol dire che come esseri umani abbiamo una sola direzione, che è avanti. Inutile perdere tempo e arrovellarsi su quello che è stato ieri. Solo una direzione; avanti. E poi: come andiamo avanti? Ci andiamo “condannati all’ottimismo”. Questa non è mia, l’ho rubata da un caro amico.
Eh già… perché non sono sempre stato un ottimista. Anzi!

Agonia

La musica è sempre stata parte integrante delle mie giornate. E il tipo di musica che uno ascolta credo dica molto sul tipo di approccio che ha nella vita. Sono cresciuto sotto l’influenza di Baglioni e della sua “agonia”. I Radiohead in particolare sono stati la colonna sonora della mia adolescenza. E diciamo che crogiolarsi nel pessimismo cosmico ascoltando “No Surprises” è una droga nichilista a cui difficilmente si può resistere.

In un certo senso, da bravo narciso quale ero(?), credevo che questo atteggiamento malinconico e tormentato potesse essere anche un modo efficace per ingaggiare l’altro sesso. Ma questa è un’altra storia per un’altra newsletter….

La vita ha il suo modo di farci capire quando la stiamo facendo fuori dal vaso. Qualche schiaffo ben assestato (metaforico) e qualche brutta battuta di arresto mi hanno alla fine portato a chiedermi .. ma siamo sicuri che una vita passata a lamentarsi, a crogiolarsi e a dirsi che tutto fa schifo, sia una vita ben vissuta?

Svolte inattese

Come in ogni viaggio, ci sono svolte magari anche impreviste che ti costringono a ripensare il modo di porti e di entrare in relazione con gli altri. Una di queste svolte si è concretizzata nel percorso di coaching fatto con Paolo Gallo; super, da tutti punti vista. Una serie di dieci incontri che mi ha portato ad interrogarmi, riconsiderare, assumere un’altra prospettiva sulle cose che davo scontato, nel lavoro, così come nella vita. Se sei in un momento di “blocco”, un percorso di coaching ben fatto è il miglior consiglio che possa darti.

Un’altra svolta (decisamente inattesa) è stata incontrare Marianna, mia moglie.
Ecco diciamo che con lei l’approccio “agonia” non solo non funzionava, ma proprio .. L E V A T I.

Ricordo il giorno in cui è venuta a vivere con me e mi ha costretto a tenere vicino alla porta d’entrata di casa un foglio, anche un pò spiegazzato, A4, con una scritta sopra in un font improbabile e una citazione credo di Voltaire:

“La più coraggiosa decisione che prendi ogni giorno è di essere di buon umore”

All’inizio, mi vergognavo un po’, anzi tanto; gli amici venivano a cena e vedevano quel foglio e insomma… faceva molto comunità di auto-aiuto :). Ma lei era determinata a farmi cambiare atteggiamento, a farmi capire quante energie stavo buttando con il mio atteggiamento “mayer” (ancora oggi quando il mio approccio da “agonia” viene fuori lei lo chiama così…). E piano piano, sai cosa? Aveva ragione! Giorno dopo giorno, uscire da quella porta o tornare a casa con quel messaggio hanno fatto cambiare anche il modo modo di vedere le cose.
Oggi quel foglio non c’è più all’ingresso, non c’è più bisogno; al suo posto c’è una bellissima foto di nostra figlia, Beatrice. Che sorride! Direi meglio.

Vuoi vedere che non solo si può scegliere di sorridere, ma che si può anche allenare l’ottimismo?

Ottimismo come “processo”

Mantenere un atteggiamento ottimista, specialmente nel contesto lavorativo, non è sempre facile. Ci sono momenti in cui sembra che tutto e tutti lavorino contro di te: i superiori che sembrano pensare solo a demotivarti in modo strategico, i clienti che ti fanno perdere tempo o ti chiamano in orari impossibili e, sì, ci sono occasioni in cui potresti sentirti inadeguato o mal interpretato. Tuttavia, l’importanza di avere una routine positiva e di definire un processo che parta dall’ottimismo non può essere sottovalutata. Quando sei organizzato e hai una chiara visione di ciò che vuoi raggiungere, diventi più resiliente, solido e calmo.

Questo concetto si lega strettamente a quello di Growth Mindset (consiglio vivamente il libro Mindset sul tema); è l’idea per cui le abilità e le intelligenze possono essere sviluppate attraverso l’impegno, l’istruzione e la perseveranza. Insomma si può imparare a cambiare il “modo” in cui si pensa. Le persone che iniziano a pensare con un Growth Mindset vedono le sfide come opportunità per crescere e imparare, piuttosto che come ostacoli insormontabili. Al contrario, avere una Fixed Mentality fa sì che le persone credano che le loro qualità siano fisse e immutabili nel tempo. Questi potrebbero voler evitare le sfide per paura di fallire e potrebbero sentirsi demotivati quando le cose non vanno come previsto.

Mantenere l’ottimismo e avere una routine ben definita credo siano le condizioni indispensabili per sviluppare e mantenere il mio Growth Mindset. Anche di fronte a superiori demotivanti o clienti difficili, avere questo tipo di approccio permette di vedere queste situazioni come opportunità per migliorare, adattarsi e crescere.
E’ un processo, e come tale non si esaurisce mai. Ma da dove si parte?

Il potere del “non ancora”

La Dottoressa Carol Dweck, autrice del libro che citavo prima, qualche anno fa ha tenuto un TedTalk dal titolo “The power of believing that you can improve”. Nel video la dottoressa racconta di un test fatto in una scuola superiore di Chicago dove agli studenti che non superavano un esame invece di dare un insufficienza, come voto veniva dato un “non ancora”. Non sei ancora pronto, non hai ancora capito. Devi impegnarti di più. Tra gli studenti alcuni hanno reagito in modo sorprendentemente positivo, dicendo cose come: “Adoro una sfida” o “La prossima volta ce la farò”. Capivano che le loro abilità potevano essere sviluppate.

Questo approccio è illuminante. Se ricevi un voto insufficiente, potresti pensare: “Non valgo nulla, non arriverò da nessuna parte”. Ma se ricevi il voto “non ancora”, capisci che esiste una possibile curva di apprendimento. Ti offre un percorso verso il futuro.

Il punto è che è facile cadere nella trappola del “ora”, del tutto e subito, del “non voglio deludere”. Ma come posso dimostrare io stesso possiamo cambiare mentalità e il “non ancora” è davvero un super potere capace di piegare la percezione negativa della brutta giornata in ufficio, o dell’incontro andato male.

La mentalità, e come la plasmiamo, è fondamentale per permetterci di affrontare le sfide della vita. E come sempre, la chiave è l’ottimismo, la determinazione e la volontà di andare sempre avanti, nonostante tutto.

Per questo, e lo dico anche questa volta,

Sempre avanti, condannati all’ottimismo!

Giuseppe