Etica per una Intelligenza Artificiale (#29)


Ho sentito parlare per la prima volta di “etica” a 16 anni grazie ad un libro che mi era stato consigliato a scuola; Etica per un figlio, di Fernando Savater. Un testo davvero super interessante e con spunti che, dopo gli ultimi giorni di telenovela sull’AI, mi sembrano se possibile ancora più di valore. Di cosa sto parlando?

Equilibrio tra profitto ed etica

La battaglia per la governance di OpenAI ha dimostrato quanto sia complesso bilanciare finalità di business e precauzioni etiche quando si parla di tecnologie innovative e potenti come l’intelligenza artificiale. Ma il tema è sicuramente più ampio: troppo spesso si tende a relegare l’etica a una sfera astratta, una sorta di bell’ornamento riservato ai puri idealisti, ma lontano dal mondo reale degli affari e del progresso tecnologico.

E invece, come giustamente sottolinea Savater nel suo libro, non esiste decisione che non abbia implicazioni morali: anche la più pragmatica strategia di marketing o la politica di assunzioni di un’azienda derivano da presupposti valoriali, più o meno espliciti.

Nel caso di OpenAI abbiamo visto scontrarsi la mission originaria, volta a creare un’AI “amichevole” per il bene dell’umanità, con la spinta al profitto e alla commercializzazione ad ogni costo che ha portato ad una crisi reputazionale e di governance senza precedenti.

Ma se vogliamo che l’AI serva il progresso della nostra società, limitandone i rischi, non possiamo crogiolarci nell’ingenua convinzione che il business e la tecnologia siano sfere amorali, dove tutto è concesso. Dobbiamo pretendere invece che anche qui l’etica non sia un orpello accessorio, ma la bussola che guida scelte complesse come quelle sulla direzione che deve prendere lo sviluppo di queste tecnologie.

L’alternativa

E se non lo facessimo? Se lasciassimo cadere il discorso etico in relazione all’AI? I continui casi di radicalizzazione online e disinformazione mirata sui social media dovrebbero farci capire che si tratta solo della punta dell’iceberg di ciò che una AI senza restrizioni può portare su vasta scala.

Del resto, se io fossi all’interno di un governo autoritario dotato di sofisticate competenze di intelligenza artificiale non esiterei a usarle per dividere le opinioni pubbliche dei miei avversari. Forse allora dovremmo iniziare a interrogarci con serietà: fino a che punto questi rischi sono in realtà già molto concreti e fanno parte della nostra quotidianità, senza che noi ne siamo minimamente consapevoli?

Insomma, emerge chiaramente la necessità di una regolamentazione efficace per controllare il potere dell’AI e prevenire abusi. Una regolamentazione che dovrebbe includere normative etiche e legali per guidare lo sviluppo e l’uso responsabile dell’AI.

AI buona e AI cattiva

Ovviamente l’intelligenza artificiale di per sé è solo uno strumento, che può essere utilizzato per scopi benefici o dannosi a seconda di come viene progettata e impiegata.

Ad esempio, una AI potrebbe essere addestrata per comprendere le emozioni umane ed essere impiegata in ambito clinico per supportare pazienti depressi o con disturbi mentali. Oppure, la stessa competenza di comprensione emotiva potrebbe essere sfruttata per manipolare le persone attraverso campagne di disinformazione mirate.

Ecco perché bisogna spingere gli sviluppatori e le aziende tecnologiche a porsi fin dall’inizio domande circa le finalità e le conseguenze delle loro innovazioni AI, introducendo per quanto possibile meccanismi di prevenzione di usi impropri e potenzialmente rischiosi per la società.

È una sfida enorme, ma fondamentale per sfruttare al meglio il potenziale dell’IA garantendone allo stesso tempo un uso eticamente e socialmente responsabile.

Nel libro che abbiamo citato all’inizio, Savater collega la felicità alla moralità, sfatando il mito che il successo a tutti i costi sia la chiave della felicità. Come a dire inseguire, il profitto senza scrupoli non solo è eticamente sbagliato, ma a lungo termine è anche una strategia perdente. La vera leadership si misura nel creare valore non solo per gli azionisti, ma anche per i dipendenti, i clienti e la società nel suo insieme.

Sempre avanti, condannati all’ottimismo!

Giuseppe