Creativo A(i) chi?! (#37)


Cos’è la “creatività” in un mondo ricco di AI? Ha ancora senso dire che la creatività e la capacità di esercitarla è una qualità esclusivamente umana?!

Giusto un anno fa un caro amico, oltre che creativo super bravo, ha scritto un post sul tema creatività ed AI che all’epoca ha avuto molto successo.

In sintesi Luca scriveva “Hey ChatGPT, if you want my job you’ll have to earn it” per poi elencare tutta la gavetta, le frustrazioni, gli ostacoli che un professionista deve affrontare per riuscire davvero a creare un progetto che possa definirsi creativo.

Ad un anno di distanza e dopo aver usato intensivamente diversi LLM per lavoro una domanda sorge spontanea.

Ma esattamente, cosa vuol dire la parola creatività?

Linguaggio macchina

In Matrix Revolutions del 2003 uno dei personaggi chiave del film, Rama Kandra, un programma in fuga da Matrix con la sua famiglia, parlando con Neo da la sua definizione di amore;

“Love is a word. What matters is the connection this word implies… What would you do to hold on to this connection?”

Ho sempre trovato super affascinante questa definizione; il tentativo di “tradurre” in linguaggio macchina quella che è l’espressione più forte del nostro essere umani. L’amore è una parola che non avrebbe senso se non nel contesto delle connessioni che implica.

Fino a poco tempo fa, la creatività era considerata allo stesso modo un’esclusiva umana, un dono intrinseco che ci distingueva dalle macchine. Ma dopo l’anno appena trascorso e l’esplosione di GPT e degli altri le cose stanno cambiando a una velocità strabiliante.

Questa tecnologia sta trasformando infatti anche il panorama creativo, influenzando settori come il marketing, l’arte, e la produzione di contenuti digitali. Provando allora a seguire l’esempio di Matrix, cosa descrive realmente la parola creatività? Cosa è davvero unicamente umano e cosa invece possono fare le macchine?

Selezionare e combinare

Una corrente di pensiero anche abbastanza diffusa sostiene che la creatività, nella sua essenza, sia il risultato di un lavoro di selezione e ricombinazione di cose che già esistono. Unire i puntini che avrebbe detto lo zio Steve.

Questa idea suggerisce che ciò che percepiamo come nuovo è spesso in realtà una rielaborazione di idee, concetti ed elementi già esistenti e l’atto creativo consiste unicamente nel ricombinare questi elementi per creare soluzioni innovative, o per essere più precisi, non edite. Più vasta è la gamma delle nostre risorse disponibili, più originali possono essere le nostre creazioni.

Tra i sostenitori di questo approccio c’era anche Umberto Eco che nel 2004 scriveva “la creatività è ars combinatoria: la capacità di combinare in maniera inedita elementi che già esistono.

Insomma; il processo creativo è un pò come giocare con i mattoncini Lego. Più ne hai più ti diverti (a parte quando devi metterli in ordine nella camera di tua figlia, ma è un tema diverso).

In pratica, ciò che facciamo è costruire sul passato, combinando idee preesistenti. Questo tipo di creatività combinatoria si manifesta in tre forme: guidata da problemi (e qui il classico esempio è Alexander Fleming e la penicillina), guidata da analogie (ad esempio l’invenzione del velcro che sfrutta ganci e anelli, ispirandosi a piccoli semi di bandrana osservati in natura), e guidata dall’ispirazione (l’iPod di Apple).

Ora, è qui entra in gioco la generative AI, che eccelle proprio in questo tipo di creatività combinatoria. Grazie alla sua capacità di accedere e analizzare enormi quantità di dati, l’AI può generare idee innovative che a volte superano le capacità umane.

Tutto qui? Siamo quindi condannati ad abbandonare ogni pretesa di “eccezionalità” nella natura umana?

Non direi, esiste un altro tipo di creatività.

La creatività … creativa.

La creatività “trasformazionale” è quella forma di ideazione che rompe con il passato e crea nuovi paradigmi.

Pensa alla teoria della relatività di Einstein o all’impressionismo e al cubismo in arte. Queste rivoluzioni hanno aperto le porte a nuove prospettive, nuovi modi di sentire e vedere il mondo intorno a noi.

Ecco, qui c’è il punto più importante; l’AI che conosciamo, per ora, non può replicare questo livello di innovazione radicale. Può imitare stili come l’impressionismo o il cubismo, non può inventarli.

La creatività trasformazionale sembra essere un territorio esclusivamente umano.

Ma perché è così importante? Gli output di questa creatività trasformazionale diventano punti di riferimento per nuovi cicli di creatività combinatoria. Se ci affidassimo solo a quest’ultima, ben presto ci troveremmo in un mondo dove le novità sarebbero soltanto rivisitazioni del già noto. La creatività trasformazionale è il vero motore che rinnova il nostro panorama culturale e intellettuale, portando freschezza e innovazione.

Per coltivare questa creatività e trarne vantaggio dall’essere umani nell’era dell’AI, è fondamentale

  • incoraggiare un pensiero libero e audace;

  • esplorare discipline diverse;

  • rimanere sempre aperti a nuove esperienze e prospettive.

Dobbiamo nutrire la nostra curiosità, sfidare lo status quo e permettere a noi stessi di sognare l’impossibile.

Mentre l’AI può amplificare e arricchire i nostri sforzi creativi, spetta a noi mantenere viva la fiamma dell’innovazione radicale.

Sempre avanti, condannati all’ottimismo!

Giuseppe