Le mani del monopolio sull'AI? (#50)


La storia dell’economia è costellata di monopoli e oligopoli che hanno plasmato interi settori. Pensa alla Standard Oil negli Stati Uniti, che all’inizio del ‘900 controllava oltre il 90% del mercato del petrolio raffinato o all’industria dell’acciaio, dominata per decenni da un pugno di grandi produttori come la U.S. Steel.

Più recentemente, abbiamo visto l’ascesa dei giganti tech. Google, ad esempio, ha una quota di mercato del 92% nella ricerca online. Una posizione dominante che nel 2009 ha costretto l’allora CEO Eric Schmidt a rinunciare al suo posto nel consiglio di amministrazione di Apple, perché in quei mesi Google stava lanciando Android, entrando in diretta competizione con l’iPhone.

Ma questo era ieri; oggi la corsa all’oro dell’Intelligenza Artificiale ha messo tutti sullo stesso piano, vero? Non proprio.

L’ombra di un oligopolio

Il rischio di un monopolio, o meglio come vedremo tra poco di un oligopolio, nell’Intelligenza Artificiale è in realtà molto ma molto concreto e ciò che preoccupa di più è che sta avvenendo in modo sottile, quasi invisibile per l’opinione pubblica.

Prendiamo il caso di OpenAI. Formalmente, è ancora un’organizzazione indipendente, ma di fatto Microsoft la controlla attraverso una serie di accordi di investimento e partnership. Questo legame se possibile è ancora più forte dopo la telenovela sulla governance dello scorso anno, ma nonostante tutto Microsoft di fatto non ha la maggioranza di OpenAI e questa è una mossa elegante per evitare di far scattare un’indagine antitrust da parte delle autorità mantenendo comunque il controllo degli sviluppo.

Quello di OpenAI è il caso più “famoso”, ma di certo non è l’unico nella nascente industry dell’AI. Tra le principali aziende sono in molte ad avere legami incrociati diretti ed indiretti: attraverso investitori comuni e/o membri dei consigli di amministrazione condivisi. Sempre Microsoft, ad esempio, oltre a controllare OpenAI, è anche investitore in Anthropic e Inflection, due diretti concorrenti. Per non parlare dell’investimento nella super europea Mistra …

Inoltre, la presenza di personale chiave in posizioni influenti in più aziende AI contribuisce ulteriormente alla mancanza di una vera concorrenza. Figure come Reid Hoffman e Brett Taylor ricoprono ruoli in diverse società, creando una rete di connessioni che rende difficile credere che queste entità operino in modo veramente indipendente come concorrenti.

Ok ora potresti chiederti, ma … perchè questo è un problema?

Il rischio di coordinamento

Se le aziende hanno gli stessi investitori e consiglieri, c’è il pericolo che si accordino per dividersi il mercato, invece di farsi concorrenza. Che decidano, con un occhiolino, “tu prendi questa fetta di AI, io quella“.

È esattamente ciò che le leggi antitrust in US, come quella sui “consigli di amministrazione incrociati” (interlocking directorates), mirano a prevenire. Negli Stati Uniti fino a non molto tempo fa questa normativa era poco applicata. Con l’amministrazione Biden, le cose stanno lentamente cambiando; negli ultimi due anni, circa 25 aziende hanno visto i loro consiglieri costretti a dimettersi per evitare l’incriminazione a fronte di manifesti conflitti di interesse.

Ora, queste regole si stanno estendendo anche ai legami indiretti. Se sei nel consiglio di una società, non puoi anche consigliare un’azienda che ha un interesse finanziario in quella società. Un principio che, se applicato rigorosamente, potrebbe far saltare molte poltrone nei consigli di amministrazione delle aziende AI.

Ma mentre aspettiamo che qualcuno faccia applicare la legge, che fare?

Abbiamo bisogno di competizione

Il motivo per cui le aziende che guidano lo sviluppo dell’AI nel mondo tendono a cercare un coordinamento è chiaro; gli investimenti necessari in questa fase di apertura del mercato sono enormi e per certi versi spaventosi. Ma stiamo parlando della tecnologia più importante scoperta dall’uomo dopo il fuoco e la concentrazione di un potere così grande in poche mani, senza un’adeguata supervisione, è profondamente preoccupante.

L’AI avrà un impatto enorme sulla nostra economia, sulla nostra società, sulla nostra stessa umanità. Non possiamo permettere che sia plasmata solo dagli interessi di pochi giganti tech. Abbiamo bisogno di una sana competizione, di una pluralità di attori, di un dibattito aperto e democratico su come sviluppare questa tecnologia per il bene comune al di la dei vuoti proclami o di annunci di investimenti nazionali.

La posta in gioco è troppo alta. Parliamo del futuro della nostra economia, del nostro lavoro, della nostra privacy, forse della nostra stessa libertà di scelta.

Stavolta non possiamo permetterci di sbagliare.

Sempre avanti, condannati all’ottimismo!

Giuseppe